giovedì 29 marzo 2012

Ci sono cose

Sì. Ci sono cose che, quando siamo bambini, non ci dicono. È naturale, ci proteggono, lo fanno per amore, lo fanno perché non sono in grado di spiegare cose che per una mente innocente sarebbero terribili, o semplicemente complicate. Io adoro i bambini. E amo i miei, di bambini. I miei tre cuccioli innocenti. I miei splendidi fratellini. Loro sì, che tirano fuori il meglio di me. Avevo 15 anni quando è nato il primo. E senza di lui non andavo più da nessuna parte. Giravo per il quartiere fiera, con lui nel passeggino che faceva le linguacce e rideva. Guai a chi me lo toccava. Quante litigate, per difenderlo dai coglioni del Bronx. Che, per scalfire il mio sguardo d'acciaio, tentavano il tutto e per tutto. Persino a spese di un bambino, cazzo. Certe cose le ricordo come se fossero successe ieri. Io non sapevo vederlo piangere. E, pensavo, per lui voglio il meglio. Voglio che abbia tutto quello che un bambino deve avere. Voglio che non sia mai triste. Voglio che la sua vita sia speciale. Ma, ovviamente, tutto questo non è possibile. Lui cresce e così gli altri due. Io non sono più a casa e li vedo così poco che quando sono con loro me li spupazzo tutti, fino alla nausea. Spesso mi sento in colpa per non essere più lì. Accompagnarli a scuola, andarli a riprendere e portarli al parco. In estate il gelato, i tiri al pallone, i cartoni animati, i compiti insieme. Mancano, queste cose. E diventa difficile accettare che la loro vita ora corre su un binario diverso dalla mia. Che le domande importanti non le fanno più a me, ma alla mamma o al papà. Che non sono più lì per far loro il bagnetto, che una volta volevano fare solo ed esclusivamente con me. Li sento ancora gridare "No! Io il bagno con te non lo faccio! Voglio la tata! Lei è più brava e mi fa ridere! Tu mi butti il sapone negli occhi!". Non sono più lì per convincerli a mangiare le verdure, passando tutto il tempo a raccontar loro come diventeranno forti e belli mangiando tante zucchine. Come Superman, tata? Sì, amore, proprio come lui. Adesso posso solo correre dopo il lavoro alle riunioni con le insegnanti e tentare di reprimere l'istinto omicida quando le vedo dire al mio bambino che deve impegnarsi di più. E a lui scorron giù lacrime sul viso. Si guarda i piedi ed io penso che vorrei prenderlo e portarlo via di lì, dopo aver dato una testata a tutti. Posso scappar via dal negozio un po’ prima e farmi quasi un'ora di strada per mettermi sul divano a studiare storia per la verifica. Perché, dice mamma, lui studia solo con te. Ma rimane, comunque, sempre poco questo tempo che ho per loro. Vorrei averne di più, solo questo. Vorrei raccontare loro mille storie. Leggere libri insieme e portarli in giro a vedere cose che non hanno visto mai. Per vedere i loro occhi brillare come solo quelli di un bambino. E, ancora adesso nonostante i cinque anni che son passati da quando non vivo più lì, ogni tanto lui mi guarda. E, tutto serio, mi domanda. Tata, ma quando torni a vivere con noi? E a lui non mento, no. Glielo spiego, ci provo. È dura ma, lo sai nano, da me tu avrai sempre e solo verità.

Questo post è stato originariamente scritto su Swanza blog, da Ade. E' possibile copiarlo parzialmente o interamente e modificarlo, basta che il post originale venga linkato.

2 commenti:

  1. I tuoi fratelli sono troppo carini!
    Ma loro non vengono mai a trovarti?
    Sei troppo una mamma, a me l'istinto materno non si è ancora risvegliato :D

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  2. E' vero. Anche se l'uovo è rimasto abbandonato a sè stesso non so bene dove..

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Grazie per aver fatto finta di non avere niente di meglio da fare che commentare il mio post... vi lovvo

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