venerdì 29 marzo 2013

Son cose

Dling dlong. (scusate. sarebbe il campanello.)

-Sì?
Sbircio dall'occhiolino. Due signori di mezza età con dei fogli in mano guardano la porta, speranzosi. Penso ai testimoni di Geova. Ma poi mi rendo conto che è mezzogiorno. E notoriamente i testimoni di Geova si presentano alle otto del mattino. Di Domenica. Dunque ho quasi la certezza che non siano loro. E dico quasi perché, lo sappiamo. Le vie del Signore sono infinite. Comunque.
-Buongiorno signora, abbiamo un avviso importante.
Decido di fidarmi (tanto dietro di me ho la spada). Quindi apro un quarto di porta, infischiandomene bellamente di essere in pigiama e ciabatte. Quelle con le pecorelle.
-Si esprima pure.
Dico con la voce più minacciosa che riesco a fare. E uno dei due sorride, timido.
-Siamo qui per presentare il nuovo aspirapolvere, non c'è la mamma?
A questo punto mi scappa da ridere.
-No, mi dispiace.
-E quando torna?
-Non lo so. Mi lascia sempre sola.
Chiudo la porta. E capisco che, a volte. Sembrare una quindicenne ha i suoi vantaggi.




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mercoledì 27 marzo 2013

Mal comune

Mezzo gaudio. Ripete sempre Il Disturbatore. C'è la fine del mondo? Beh, almeno moriremo tutti. Mal comune, mezzo gaudio. Hai l'influenza? Beh, ce l'ha un sacco di gente in questo periodo. Mal comune, mezzo gaudio. C'è la crisi e mi sto arrampicando sugli specchi? Beh, c'è tanta gente nella stessa situazione. Mal comune, mezzo gaudio. Eppure. Eppure io questo proverbio non lo capisco. Perché non so voi, ma se io ho un problema, non mi sento meglio solo sapendo che tanto non sono l'unica ad avercelo. Anzi, per la verità. Mi fa solo parecchio incazzare.


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domenica 24 marzo 2013

Polpettone di broccoli


Come ormai avrete capito, affezionati delle cazzate dell'Ade, vado matta per le ricette con il botto. Altro che insalatina. E questa di oggi è una delle tante bombe che nascono nella mia cucina. Gustatevela.

Ingredienti:
  • 800 gr di broccoli
  • 100 gr di mozzarella
  • 80 gr di farina
  • 30 gr di pangrattato
  • olio extravergine d'oliva
  • sale
Prepararlo:

Pulite i broccoli, tagliateli grossolanamente e lessateli in acqua salata per una decina di minuti (o per lo meno finché non saranno morbidi, eh.). Scolateli e frullateli con la farina, il pangrattato, un pizzico di sale e un filo d'olio. Quando avrete ottenuto una crema morbida aggiungete la mozzarella tagliata a dadini. Bagnate e strizzate un foglio di carta da forno, appoggiatela su un piano e riempitela con il composto che avvolgerete nella stessa dandogli la forma di un polpettone. Trasferite il tutto su una teglia e infornate a forno già caldo per circa 40 minuti a 200°.
Qualche considerazione:
Nella prima foto il polpettone era appena stato sfornato. Potete notare la sua consistenza ancora morbida e leggermente croccante all'esterno. Buono, eh? Ma come vedrete dalla seconda foto, raffreddandosi si compatta molto. Ho dunque ritenuto opportuno dirvi che, secondo me, il giorno dopo, tagliato a fette e fatto saltare in padella a fuoco medio/alto con un filo d'olio (finché non fa la crosticina, sia chiaro) è ancora più buono.




Vi amo.


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giovedì 21 marzo 2013

Concezioni

Il male è:
-Una zanzara. In pieno inverno. Che ti punge sul mento.
-Trovare qualcosa di non ben identificato nel tuo piatto di pasta e fagioli.
-Non riuscire a risolvere due majhong di fila. E sbraitare contro al computer.
-Aprire il file e non avere una cazzo di idea.
-Il cervello che si sintonizza su un solo canale a ripetizione. Tipo: patatine, patatine, patatine. Oppure tipo: medium, medium, medium... Ti deconcentra. Santa pazienza.
-La tipa ubriaca che ti tampona al semaforo. Rosso.
-La voglia intensa di sofficini agli spinaci. Alle dieci del mattino.
-I giornali di gossip. Con Belen che si tocca la pancia in ogni fottutissima copertina.
-La veterinaria che: scusa ma tu hai un gatto o un cane?
-Rendersi conto di aver bisogno del copri occhiaie. Praticamente dalla nascita.
-Il copri occhiaie.
-Mettersi il pigiama quando non si accende la stufa.
-La crema di mandorle che fa i grumi.
-Non riuscire a finire il terzo capitolo della saga Cinquanta Sfumature Di Noia ma non essere in grado di abbandonarlo e di cominciare un altro libro.
-Ci sono importanti aggiornamenti da eseguire. Riavvia subito. Ricordamelo tra un po'. Quindi tra due minuti e mezzo. E poi altri due minuti e mezzo. E avanti così fino a quando non lancerò schermo e tastiera contro al muro.
-Prendere quattro pappine dal Barcellona.
-L'odore delle patatine alla cipolla che ti rimane sulle dita anche dopo aver lavato le mani cinque volte.
-La primavera che arriva e poi se ne va, prendendoti per il culo alla grande.
-Sbattere i tappeti dal balcone e vedere chiaramente come polvere e peli tornano su per potersi schiantare sulla tua faccia, prendendosi gioco di te.
Il bene è:
-Io che schiaffeggio la veterinaria perché non si ricorda di me. E del mio bellissimo gatto.
-Le noccioline ricoperte di paprika.
-Guardare duecento puntate di Misfits mangiando gelato in compagnia di Patty.
-Balotelli al Milan.
-La stufetta al massimo, puntata addosso. E vaffanculo al risparmio energetico. Ho freddo.
-Riguardare tutte le stagioni delle Desperate Housewives mangiando pizza con Patty.
-Vincere due a zero contro il Barcellona (per il continuo di questa storia, vedi sezione "male").
-L'olio di Neem.
-Le patatine alla cipolla.
-Il mio gatto che con la zampetta cerca di rubarmi le patatine alla cipolla dalle mani.
-The Walking Dead.

Che soddisfazione, eh? Vedere quanto sia più lunga la lista del male. No?


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lunedì 18 marzo 2013

Sto guardando

Quel sorriso. Sembra una vita, che lo guardo. Eppure ogni volta c'è qualcosa di diverso. Un particolare. Una luce. Un pensiero. Ricordo la prima volta che me lo trovai di fronte. Era spiazzante. Indescrivibile. Io non potevo, non volevo smettere di guardarlo. Non c'era un perché. Era così e basta. Ricordo quando lo guardavo e non riuscivo più a trovarci qualcosa che mi appartenesse. Attaccandomi disperatamente a ciò che credevo di doverci trovare. Ricordo quando poi l'ho rivisto. E ho capito che era perfetto così, nella sua imperfezione. Nel suo cambiamento. Che accompagnava il mio, senza più averne paura. Non era senza perché. Lo aveva eccome. Lo stava solo maturando. Sorrido. Perché è questo l'effetto che mi fa, quel sorriso.


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venerdì 15 marzo 2013

Come tutti gli anni


Per i miei nani, a Pasqua. Solo uova della Lav. Perché sono buone ed equosolidali. Perché preferisco così, piuttosto che comprare le solite uova delle tante multinazionali. E perché in questo modo aiuto coloro che combattono per i diritti di chi non ha voce. Sempre.
Qui trovate l'elenco delle piazze che ospiteranno i volontari con i loro banchetti il 16, 17, 23 e 24 Marzo, se vi interessa.
Grazie.


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giovedì 14 marzo 2013

Parola di Ade: Il pre-ciclo

I maschi sono soliti credere che, durante il pre-ciclo, noi donne siamo SOLO nervose. La verità è un'altra. Noi non siamo affatto nervose. Noi vogliamo la guerra. Tipo battaglia finale del Signore degli Anelli. Che è diverso. Perché in questo periodo infimo delle nostre esistenze noi ci ritroviamo a combattere con non pochi problemi. Tipo che ieri ci sentivamo fighe da paura e oggi, guardandoci allo specchio, ci vediamo grasse, gonfie, con la buccia d'arancia e anche di pompelmo, con le smagliature e, perché no, i brufoli. Aggiungiamo un colorito che non ci piace affatto, le occhiaie più profonde del solito, i capelli spenti, gli occhi gonfi e il naso grosso e con i punti neri che, ci giurerei, ieri mica c'erano. Ce ne restiamo lì, davanti allo specchio del bagno. Grate che, per lo meno, non arrivi a mostrarci più giù della pancia. Che è comunque orrenda e spaventosamente grossa. E, oddio. Abbiamo persino l'ombelico, cazzo. E, apparentemente senza un perché, ci fa schifo pure quello. Ci laviamo la faccia e i denti, in silenzio. Evitando di osservarci ulteriormente. Ma non ce la facciamo. E allora ecco comparire quella smorfia di disgusto che ci accompagnerà per il resto della giornata. Sì. Perché noi apriamo l'anta dell'armadio e, tastandoci la ciccia del fianco sinistro magicamente lievitata nel giro di poche ore, guardiamo con orrore tutti i nostri abiti appesi e piegati. Il corpo non ne vuole sapere, di essere coperto. Fosse per noi ci butteremmo a letto, nude. Con un vasetto di nutella e un sacchetto di patatine sul comodino. Facciamo due. E invece siamo lì, spaesate. Qualunque colore pensiamo di indossare non ci piace affatto. Con questi jeans sembro una pera moscia. Questo colore mi sta di merda (anche se ieri mi stava daddio, proprio). Questo maglione è troppo stretto. Questo troppo largo. Il rosso non mi dona per niente. Il blu manco a parlarne. Rosa? Non pensarci nemmeno. Stivali neri o marroni? Fanno schifo entrambi. Insomma. Una tragedia. Quando finalmente ci troviamo costrette a scegliere perché il tempo infame sta inesorabilmente scadendo, ci osserviamo, con le lacrime agli occhi. E ci detestiamo profondamente. Abbiamo le gambe storte, i capelli crespi, le unghie spezzate, le sopracciglia da rifilare, il mascara che cola, il copriocchiaie che si autocancella, la pelle gialla, il mal di schiena e magari pure il mal di testa, le tette che esplodono, il culo grosso, le ascelle che puzzano, la voce innaturalmente roca e ci siamo messe addosso un abbinamento di colori che manco un hobbit daltonico. Già. Perché, alla fine. Noi ci vogliamo male, durante il pre-ciclo. Malissimo, oserei dire. E, succubi di questo stato d'animo, ci sentiamo giustificate a mandare affanculo il prossimo, a ringhiare quando ci rivolgono la parola, a mangiare più del dovuto e a orari indefiniti, a non avere voglia di fare un cazzo e a odiare il mondo intero e tutti i suoi fottuti abitanti. Cosa che comunque io faccio abitualmente. Forse per me la vita è un pre-ciclo. Merda. Chissà quanto stronza devo sembrare, vista da lì.


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lunedì 11 marzo 2013

Cose da fare

PRIMA che la mia amata venga a Milano:

  • Urlare con la faccia schiacciata sul cuscino. Per la gioia. E per non infastidire il vicino. Che è anche il mio amministratore. Che è anche interista.
  • Pulire casa. E prepararle il letto. Con le lenzuola di Nemo dei nani.
  • Parlare al mio gatto. E spiegargli che NON si dorme sull'ospite. E NON si fanno puzzette in sua presenza.
  • Ricordarle di portarsi le ciabatte. Per non rischiare di dover indossare le mie. Del Milan.
  • Prepararle una copia di QUEL libro.
  • Preparare un cartello con una scritta stupida per aspettarla in aeroporto. Così Mr Ade, per l'ennesima volta, fingerà di non conoscermi e si allontanerà di qualche metro, fischiettando.
  • Prepararla psicologicamente alla vita in casa Ade. Ma soprattutto alla vita in casa Ade quando c'è una partita del Milan. Con conseguenti ospiti milanisti, urlatori, mangiatori di pizza, bevitori di cocktail superstrong del barmandicasa e anche un po' imbecilli.
  • Prometterle che, nel caso. Avrà la più completa solidarietà del vicino. E del suo bambino interista.
  • Prometterle che potrà vedere l'Inter. Al pub dietro l'angolo.
  • Prenotare un tavolo in quel posto lì.
  • Aspettarla con ansia. Perché da sola poi mi scoccio.
  • Smetterla con le cazzate e passare alle cose serie.
 
Cose da fare QUANDO FINALMENTE ARRIVERA':

  • Portarle il caffè la mattina. Nella tazza del Milan.
  • Cucinare insieme il salame di cioccolato. E poi mandare la foto al Banaledecasa.
  • Portarla sul Duomo. E, arrivate in cima, aprire le braccia e cantare la canzone di Celine Dion.
  • Farci cacciare dal Duomo.
  • Infastidire Mr Ade con chiacchiere e risate SGUAIATE.
  • Minacciarla di portarla a fare un giro nel Bronx, se non mi prepara le sue lasagne vegetariane.
  • Guardare uno stramilione di serie tv.
  • Portarla al Castello Sforzesco, sguainando la spada.
  • Farci cacciare dal Castello Sforzesco.
  • Portarla a San Siro. E abbandonarla lì. Lasciandole solo un foglio di carta, un fiammifero e una mappa della città. Scritta in russo. Perchè, in fondo, è pur sempre interista.
  • Portarla nel posto più bello che io conosca.
  • Scrivere un post a quattro mani. E una zampa.
  • Organizzare un aperitivo con altri blogger. E, nel caso, impedirle di bere il paraflù.
  • Inventare qualcosa di speciale. Tipo legarla al letto e impedirle di ripartire.
Vi faremo sapere. Forse.


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giovedì 7 marzo 2013

Il mio idolo


 

Ditelo, coraggio.
Ditelo che, sotto sotto, uno così vorreste conoscerlo anche voi.


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mercoledì 6 marzo 2013

Parola di Ade. L'amicizia tra donne.

Stavo pensando di inaugurare una nuova rubrica. E lo faccio. Perché questo è il mio blog e quindi qui comando io. Sono la regina, cazzo. E da che mondo è mondo le regine fanno quello che vogliono. Camminano in verticale, in orizzontale e persino in obliquo, se pare a loro. E possono mangiare i cereali al cioccolato masticando rumorosamente perché hanno ancora il naso completamente tappato grazie alla maledetta influenza che le ha colpite alle spalle e le ha rese impotenti per quasi una settimana, se gira a loro. E possono svegliarsi col broncio, non sapere cosa mettersi, truccarsi per coprire le occhiaie e la pelle biancastra da dopo febbre, decidere di far crescere i capelli, interrogarsi sui perché della vita e inaugurare una nuova rubrica sui loro blog, se ne hanno voglia. Perciò, salutate Regina Ade, sudditi. E toglietevi quelle dita dal naso. O dalle mutande. Che si comincia. Grazie.

Se fossi stata un minimo più scaltra, già a otto anni avrei potuto comprendere quanto le donne possano essere subdole, stronze, manipolatrici e maledettamente troie. Già. La mia prima amicizia femminile risale proprio a quei tempi. Nonostante fossi un maschiaccio, avevo anche due migliori amiche (per dirla come l'avrei detta allora: due amiche del cuore. che tenerezza). Noi si giocava sempre insieme, ci si raccontava i segreti e si andava d'amore e d'accordo. Fino a quando una terza bambina, volendo inserirsi nel gruppo, ha cominciato a tenere le redini di quel rapporto. Parlava male a me di una, a lei dell'altra e all'altra di me. In poche parole, subdola, stronza e manipolatrice. Troia no, dai. A otto anni forse è eccessivo.
Ma allora, ingenua io, non capii.
La vita, però. Aveva deciso di darmi una seconda opportunità per comprendere il contorto animo femminile. E lo fece quando avevo circa dodici anni. Facevo parte di un gruppetto di ragazze che aveva a capo una tizia un po' più grande. Una che, ve lo giuro. Se la incontrassi adesso io credo che la prenderei a schiaffi. Ma probabilmente non ce la farei perché lei, dopo aver appoggiato in terra la borsa con dentro il Chiwawa, griderebbe aiuto con quella sua vocina da AvròPerSempreCinqueAnni e io scoppierei a riderle in faccia e userei le mani per tenermi la pancia. Insomma. Lei aveva già le tette, al contrario di noi. Ed era ben intenzionata ad utilizzarle. Perciò ci portava a turno a casa sua, ci diceva cose tipo "sai, tu sei la mia preferita", ci truccava, ci prestava vestiti da zoccola e la Domenica, dopo averci dato sigarette al mentolo, ci portava a ballare in una discoteca piena di gente poco raccomandabile. Insomma. Un giorno mi squilla il telefono e sento la sua ridicola vocina che mi domanda come mai quella Domenica non fossi andata con loro. Le rispondo che ero impegnata coi miei e lei mi dice "beh, non ti preoccupare. sai il ragazzo che ti piace? ce lo siamo fatte tutte, a turno. ti saluto.". Dopo quella telefonata dentro di me qualcosa è cambiato. Ho capito che sapevo arrabbiarmi. Ho capito che potevo perdere la testa. Ho capito che potevo fare paura. E l'ho capito a spese della poverina. Che, il giorno dopo, è sbiancata vedendomi buttare in terra le mie cose e cominciare a correre verso di lei. Un'unica cosa mi dispiace, di quel giorno. Che il volontario dell'oratorio sia riuscito a prendermi prima.
Ma, ahimè, anche lì, non capii. Non del tutto, almeno.
Comunque la vita ci teneva particolarmente che io capissi. E decise di darmi una terza possibilità. Avevo tredici anni e mi ero appena trasferita nel Bronx. Ancora non sapevo niente di quel posto. Venivo da una zona "bene" e mai più avrei creduto che tutto potesse essere così diverso. Speravo di fare amicizia e mi comportavo esattamente come pensavo di dovermi comportare. Sorridevo, chiacchieravo e quelle cose lì. Ma le ragazze mi guardavano male. Erano diffidenti. Si avvicinavano annusandomi e scrutandomi da cima a fondo. Alcune venivano da me e mi dicevano di stare attenta a quello che facevo. E io, che ancora mettevo la gonna con le scarpe da ginnastica, non capivo cosa cazzo pensavano che volessi fare. Alla fine alcune cominciarono a farsi avanti. Si facevano invitare a casa mia, mi dicevano che eravamo amiche, mi invitavano a ballare, aprivano il mio armadio, mi chiedevano qualcosa in prestito e puntualmente non me lo ridavano più. Quando ho visto il mio walkmann nella macchina del marito della sorella di qualcuno e i miei jeans preferiti addosso a quella grossa e senza un dente ho capito che dovevo rassegnarmi. Non li avrei rivisti mai più.
E lì, finalmente, ho cominciato a capire qualcosa.
La vita, però, non era pienamente soddisfatta di me. E decise che voleva darmi la botta finale. Così, durante la mia seconda prima superiore, mi convinse del tutto che no. Delle donne non ci si poteva davvero fidare. Io ero una ripetente ma venivo da una classe particolarmente famosa, in quella scuola. Tutti sapevano chi ero. Tutti sapevano cosa avevo fatto. E tutti mi amavano per questo. Era una fottuta pacchia, insomma. Ero legata più o meno a tutti ma il mio gruppo principale era formato da quattro o cinque ragazzi con cui cazzeggiavo tutto il giorno. Circa a metà anno una tizia che si spacciava per mia grande amica decise che era stufa di essere la numero due. Perché con me parlavano, uscivano e mi rispettavano e invece a lei davano pacche sul culo e facevano battute a sfondo sessuale? Così, accecata dalla sua invidia, cominciò a parlarmi alle spalle nel tentativo di mettermi contro più gente possibile. Risultato? Si prese quasi le botte (anche qui riuscirono a fermarmi, santa pazienza.) e io finalmente capii appieno che le donne non facevano per me.
Nonostante questo la vita non ha mai smesso di mettermi alla prova. Ma la differenza è che, adesso. A me non me ne frega un cazzo.
Sono sicura, comunque. Che non siamo tutte uguali. Io non ho mai invidiato un'altra donna. Non ho mai pensato "voglio il suo uomo". Non sono mai stata amica di qualcuna solo per arrivare ad uno scopo finale. Non ho mai insultato gratuitamente una donna solo perché ne ero gelosa. Eppure. Eppure troppe donne sono così. Forse sono loro che hanno capito tutto. Forse sono solo delle teste di cazzo. La mia conclusione è che l'amicizia tra donna può essere bellissima. Ma, a parte in due o tre casi, io comunque non ci conterei troppo. E continuerei a guardarmi le spalle.
Parola di Ade.

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