mercoledì 7 agosto 2019

Stamattina dovrei scrivere

Ma il mio umore rasenta il pavimento o forse no, forse sono troppo ottimista, dovrei dire che rasenta il confine sotterraneo della biosfera, per essere precisa al millimetro.
Certo, considerando che ho deciso di fare della scrittura il mio lavoro - per il momento non retribuito, ma va bene -, forse dovrei infilarmi il mio umore di merda su per il culo e costringermi a fare qualcosa.

Dovresti, sì.

Non è detto, poi, che non ne venga fuori qualcosa di buono, anzi, che dico, di ottimo. In fondo è proprio così che tutto è iniziato, no?

Tu, il tuo umore di merda, l'alcolismo e il fortuito incontro con la pagina bianca.

Bello, potrei scriverci un libro.

Guarda che l'hai già fatto, più o meno.

Niente. Sto scrivendo un romanzo che tratta un tema - anzi, diversi temi - delicato e sono sicura che ne uscirà qualcosa di wow. No, che dico, doppiowow.

Se solo tu lo scrivessi, invece di stare qui a cincischiare.

Beh, non sto cincischiando, perdinci. Sto facendo delle chiacchiere con i miei amici, qui. Bisogna pur essere socievoli, ogni tanto, no?
Comunque. Siccome in codesto post vi ho tediati con una delle mie delusioni adolescenziali, ho pensato che potrei raccontarvi cosa è successo dopo, col tizio pelato. Così, per rallegrarvi/ci un po'.
Allora, urge una premessa.
Una delle amiche in questione era fidanzata con un napoletano possidente e insopportabile, proprietario di un grosso bar da qualche parte a Milano, il quale era una specie di Christian Grey dei poveri: geloso, tendenzialmente stalker, maniaco del controllo. Il tizio pelato - che per semplicità  e per non sembrare discriminatoria da ora in avanti chiamerò Ugo - era un suo amico/dipendente che si era appena mollato con la fidanzata con cui stava insieme tipo dai tempi dell'asilo. Insomma, la faccio breve. Ugo ha parlato di questa storia andata male per tutta la sera: i due erano felici, si sarebbero sicuramente sposati, lei piaceva a mamma, eccetera. Io ero in condizioni pietose, non mettevo cibo nello stomaco da circa ventiquattro ore, ero piuttosto avvezza al consumo spropositato di bevande alcoliche e avevo la mia amica che mi faceva il gomitino.
Che poi io la invidiavo un sacco, lei. Ché era proprio il mio opposto. Era fidanzata con la noia in persona e scopava in giro con gente di cui poi non si ricordava manco il nome. Io, invece, di scopare così per sport non ne ero mica capace. Doveva esserci qualcosa di più, qualcosa oltre. E quindi questa sua intraprendenza indifferente me la faceva stimare. Mi faceva pensare "guarda, lei sì che non si fa fottere - cioè, nel senso, vabbè avete capito - dal primo stronzo che passa, lei se ne sbatte".
E quindi niente, lei mi faceva gomitino e quel gomitino voleva dire "dai figa, fatti una scopata con questo tipo e non pensarci più.".
Così, non so come, alla fine Ugo mi ha riaccompagnata a casa, mi ha infilato la lingua in bocca e probabilmente pretendeva pure di infilarmi qualcos'altro da qualche altra parte. Però niente, picche.
Perché un mascalzone a settimana mi sembrava più che sufficiente. E ciaone all'intraprendenza indifferente, proprio.
Però Ugo era proprio triste, in quei giorni, e gli serviva un diversivo. Così fu organizzata un'uscita a quattro e vabbè, vediamo un po' che succede.
Dovete sapere che ai tempi ero un tantino "maschia". I miei pantaloni preferiti erano di sei taglie in più, adoravo le scarpe da skate (quelle grosse e ciccione) e mi piaceva atteggiarmi da teppista.
Quella sera, però, fui indotta a indossare una minigonna di jeans perché dai, figa, stiamo o non stiamo uscendo col BMW, eh.
Quando Ugo mi vide, come prima cosa strabuzzò gli occhi, poi mi chiese se, per caso, la mia gonna non fosse un pelino troppo corta.

No. Ma. Cosa.

La mia risposta fu, chiaramente, no. No, testina di cazzo, la mia gonna va benissimo così e, se ti crea qualche problema, puoi sempre girare la tua crapetta pelata dall'altra parte. Che poi, dei finti moralismi fatti da uno che la prima sera che m'ha incontrata ha tentato di togliermi le mutande, parliamone.
Della serata non mi ricordo un tubo, però so per certo che Ughino bello è andato in bianco anche quella volta. Fortuna vuole, poi, che io fossi in partenza per le vacanze con mio padre, forse le ultime fatte insieme, così ho potuto evitarmi altre uscite pallose.
Ma Ugo no, non demordeva. A lui 'sta cosa di essere andato in bianco non andava giù, santa pazienza. Così mi scriveva messaggi su messaggi - di un romanticismo stomachevole - e mi coinvolgeva in telefonate serali durante le quali mi chiedeva se stessi facendo la brava, se mi stessi vestendo bene e cose così. Io gli rispondevo a monosillabi, col cervello occupato a guardare Prison Break, togliendomi pezzi di noccioline dai denti.

Che bella immagine.

Lo so.
Una sera, però, la chiamata di Ugo è arrivata in un momento un po' delicato. Tipo che ero leggermente sbronza. Ugo se n'è accorto sì, occhio di falco (cioè, orecchio… vabbè avete capito), lui. E ha cominciato a tirarmi un pippone assurdo che ha raggiunto il suo culmine con "una ragazza non dovrebbe bere, quando torni a Milano dobbiamo fare un discorsetto, perché adesso che sei la mia fidanzatAHAHAHAH."
Cazzo, se ho riso.
Ho riso tanto che Ugo, alla fine, non mi ha più cercata. E si è rimesso con la sua ex, quella che piaceva a mammà.
Tutto questo per dire che, mi raccomando regà, le amicizie sceglietevele bene.
E se la vostra amica del cuore cerca di farvi uscire con l'Ugo della situazione, santa pazienza, non siate accondiscendenti solo perché siete appena usciti da una delusione d'ammòre.
Mandateli tutti in mona. Subito.

Post Scriptum
Il post che avete appena letto è stato scritto tempo addietro dalla signorina Ade Swanza e mai pubblicato. Questa mattina, per vostra immensaggioia, la suddetta l'ha ripescato tra i duemila post iniziati e mai terminati, perché aveva voglia di socializzare con voi ma non aveva il tempo materiale per farlo. Poi venite a dirmi che non vi amo, eh?

Questo post è stato originariamente scritto su Swanza blog, da Ade. E' possibile copiarlo parzialmente o interamente e modificarlo, basta che il post originale venga linkato



venerdì 2 agosto 2019

Buio pesto

Succede che sei lì, sul tuo letto, nella tua camera, con il tuo computer sulle gambe e una dozzina di libri abbandonati al tuo fianco, una biro, un taccuino, il cellulare, una gatta, una tazza di caffè, due pacchetti di crackers che assorbono l'alcool che è una meraviglia, il sole, il ventilatore puntato, lo sbadiglio cronico, la testa lenta.
Sono giorni che stai tappata in casa a scrivere, a rileggere, a pensare.
Pensare non è bene, lascia che le parole fluiscano veloci, in un percorso unidirezionale senza tappe né fermate né soste per pisciare, lasciale correre per il sistema nervoso, lascia che siano le dita a decidere, molla il colpo, sorella.
La gatta si lecca il culo. Le dai un calcetto perché, dai, cazzo, mi distrai con quel rumore di lingua ruvida che pulisce l'indicibile, vieni, dai, vieni di là che ti do un crocchetto e non spaccare più la minchia.
Bevi un sorso d'acqua, anzi due, un altro caffè, perché no, il caffè ci sta sempre bene.
Buio pesto.
La finestra sbatte, la gatta ti guarda, è in allarme.
Infili le infradito, esci, trascini le piante, ti lasci frustare dal vento che, ti sta avvisando, non ci andrà piano, ha in mente grandi cose, per noi.
La persiana sbatte, il sole si nasconde, il ventilatore è spento, gli antifurti suonano, tagli una mozzarella, un pomodoro, due olive. Mangi in piedi, davanti alla finestra, il vento infuria - te l'aveva detto - le gocce frantumano l'aria e si schiantano a terra con fragorosi cic.
Torni di là, apri un libro, le folate sollevano tende, tendoni, pezzi di ferro instabili sui tetti.
La distruzione pare imminente, saluta tutto ciò che conosci, digli addio o arrivederci, stai pronta ad arrangiarti, dimentica ciò che hai avuto fino ad oggi.
Dì, te ne eri accorta della fortuna?
La gatta dorme e, ogni tanto, muove la bocca.
Devi finire il libro, manca poco, pochissimo.
Quelle parole che aspettavi arrivassero a nutrirti l'anima o a danneggiartela per sempre sono arrivate, un po' miele, un po' fiele, le hai rigirate tra le dita, annusate, leccate, mandate giù.
Ti servivano, è evidente, non riuscivi a concentrarti su nient'altro, in loro attesa.
Dovevano farti da conferma o da boia, come se ogni tuo respiro dipendesse da loro e, in loro assenza, shhh fai piano, inala meno aria che puoi, da brava, fallo per me.
Devi finire il libro, manca poco, pochissimo.
Buio pesto, dove sei?
Ti sei fatto irretire dalla luce, plagiare dal cielo, trascinare dal vento?
Apri gli occhi, bambina.
Il momento è qui, ora.
Ti aveva avvisato, lui.
O no?

Questo post è stato originariamente scritto su Swanza blog, da Ade. E' possibile copiarlo parzialmente o interamente e modificarlo, basta che il post originale venga linkato



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