giovedì 20 novembre 2014

Non sono il tipo di persona

E questa volta non sto cantando una canzone. Sto per tirare fuori un pezzo di Ade che odio. Un pezzo di Ade che tengo solo per me, perché è una palla. È patetica. Ed io non la voglio, qui. Ma adesso mi serve, ne ho bisogno. Devo metterla qui perché non so dove altro metterla. E se non mi decido a metterla da qualche parte finisce che mi logora dentro. Perché è una bastarda, lei. Una troia.
E allora eccola. Non sono il tipo di persona che piange davanti agli altri. Non sono il tipo che si lascia consolare, magari abbracciare. Non sono il tipo che cerca la preoccupazione del prossimo. Anzi, la evito. Per questo non dico quanto mi sento stupida. Quanto mi sembra di aver buttato via un pezzo della mia vita. Non dico che mi sento uno schifo quando vedo quello sguardo, nelle persone. Quello sguardo che è un misto di pena e superiorità. Perché ho ventisette anni e mi sembra di avere alle spalle solo merda. Mi sono iscritta a scuola perché quando ero ragazzina ero troppo incazzata per poterla gestire, e non l'ho fatto. Non l'ho fatto prima perché ho permesso, per l'ennesima volta, a mio padre di decidere della mia vita. Per questo ho passato sei anni a lavorare nel suo negozio di merda, a fare un lavoro che mi fa vomitare, a permettergli di guardarmi con quell'espressione che non ha mai smesso di usare con me. Quella che usava quando non capivo la matematica. Quella che ha usato quando a tredici anni gli ho detto "io voglio fare musica". Quella che, potessi, giuro che gli staccherei dalla faccia per ficcargliela nel culo. E adesso? Adesso mi sembra di avere due persone dentro. Una che mi spinge e dice "muovi quel culo, sorella. ce la puoi fare". L'altra che, invece, mi guarda come se fossi matta e mi chiede dove cazzo penso di voler andare. Ma la guardi in faccia la realtà? A cosa vuoi che ti serva farti il culo per tre anni? E poi, pensi veramente di potercela fare? Ma non lo vedi che NON ce la fai? Non lo vedi che sei stupida, proprio come diceva tuo padre quando eri piccola? Non lo vedi, eh?
Credevo che liberare la mia vita dalla presenza di mio padre mi avrebbe fatto bene. In realtà, è riuscito così bene nel suo intento, ha lavorato così duramente per fare in modo che io crescessi sentendomi una fallita, che alla fine è proprio così che mi sento. È così che mi sento quando vedo che gli altri ce la fanno e io no. È così che mi sento quando studio e non mi rimane in testa niente. Lui è sempre lì a ricordarmi quanto sono stupida.
E allora non ho voglia di parlare né di uscire né di cantare né di ridere né di chiacchierare né di festeggiare il mio compleanno né altro. Tutto ciò che faccio lo faccio perché lo devo fare. Prendo la mia maschera da Ade serena e sicura di sé e via. Il problema delle maschere è che hanno sempre un prezzo. Ed io lo sto pagando, ora. Il mio corpo crolla spesso e mi costringe a fermarmi. Smettila, Ade. Frena.

Questo post è stato originariamente scritto su Swanza blog, da Ade. E' possibile copiarlo parzialmente o interamente e modificarlo, basta che il post originale venga linkato 

mercoledì 19 novembre 2014

Le luci nelle case degli altri, Chiara Gamberale


Questo è uno di quei libri acquistati "di pancia", e devo dire che, quando non è impegnata a chiedere cibo, la mia pancia riesce ad avere delle intuizioni mica male.

Nel condominio di via Grotta Perfetta 315, un giorno, succede una cosa.
Succede che Maria, mamma di Mandorla e giovane amministratrice condominiale, muore.
Durante il suo funerale, Mandorla, che ha sei anni, tira fuori una lettera, scritta per lei il giorno della sua nascita, in cui Maria, oltre a un sacco di altre cose, le dice che il suo papà abita in via Grotta Perfetta 315 e, una sera di Marzo, forse per noia, forse per curiosità, ha fatto l'amore con lei.
Così, gli abitanti del condominio, allarmati da questa notizia, decidono di adottare Mandorla, che non ha nessun altro parente, tutti insieme, purché, per non rovinare nessuna famiglia, nessun uomo di loro faccia il test del DNA.
Mandorla cresce e, passando di casa in casa, continua a chiedersi chi sia il suo papà. Sarà Samuele Grò, del secondo piano? O Lorenzo Ferri, del quarto? Finché, un giorno...

" <Adesso basta> aveva intimato Tina, un giorno, spaventando i suoi alunni non tanto per il tono, fermo ma tutto sommato pacato, bensì per il fatto che a usarlo fosse lei.
<Adesso basta> aveva ripetuto. <Va bene, a Gianpietro manca un pezzetto di gamba.>
Qualche risolino, negli ultimi banchi, non ce l'aveva fatta a contenersi: e aveva dato ancora più determinazione a Tina per proseguire.
<Ma credete che Dio tenga per sé i pezzi che mancano alle persone?>
A questa domanda, aveva finalmente risposto il silenzio generale: Tina, per la prima volta in vita sua, provava l'ebbrezza di parlare e venire ascoltata. Le girava un po' la testa, dall'emozione. Forza, ce la fai: si era dovuta incoraggiare, fra sé e sé.
<Perché se Dio facesse così, significherebbe che Dio è cattivo, giusto?>
Il silenzio cominciava ad appesantirsi di un certo turbamento.
<E qualcuno ha il coraggio di dire che Dio è cattivo? Alzi la mano chi ha il coraggio di dirlo.>
Nessuno aveva avuto il coraggio.
<Mi pareva strano> aveva sorriso Tina: e i suoi alunni potevano giurare che non era il sorriso di sempre, quello che scintillava sulle labbra pallide della maestra. <Dunque, se Dio non è cattivo, vuol dire che non toglie davvero i pezzi alle persone. Semmai glieli nasconde addosso; nel cuore, nel cervello, nei muscoli delle braccia, nei posti più strategici, insomma. E volete sapere una cosa? Lo fa solo con chi considera veramente speciale, con chi considera suo amico, perché vuole farlo apparire senza un pezzo agli sciocchi che così avranno modo di convincersi, poveri illusi, di essere superiori rispetto a lui e abbasseranno la guardia: mentre in realtà sono di gran lunga inferiori, dato che non nascondono un'arma segreta. Ignorano, gli sciocchi, che quando Gianpietro deciderà di mostrare anche a loro dov'è nascosto il pezzo che gli manca, sarà troppo tardi per chiedergli scusa di non essere stati gentili con lui: e si vendicherà con la forza di chi ha un cuore o un cervello o dei muscoli più potenti dei normali esseri umani. Non potete nemmeno immaginarvi quant'è forte, quella forza. Non ve lo potete proprio immaginare di che cosa sanno essere capaci, gli amici di Dio.>
Una bambina aveva cominciato a piangere."

"<Si può sapere che diritti speciali hanno le altre persone?>
Michelangelo e Paolo si sono messi a ridere, ma non come quando erano allegri perché c'era da festeggiare qualcosa: ridevano seri, se si può dire così. E mi hanno spiegato che proprio perché i diritti delle persone non sono speciali, ma riguardano cose naturali come sposarsi e avere dei bambini, è giusto che siano concessi a tutti, anche ai maschi che amano i maschi o alle femmine che amano le femmine.
<Perché famiglia è dove famiglia si fa> ha sentenziato Michelangelo. Data la mia situazione, non potevo che essere d'accordo con lui, però da qualche parte mi sono detta: se le cose stanno così, se tutti cioè devono avere il diritto di fare famiglia con chi gli pare, perché mia madre non ha avuto il diritto di fare famiglia con Paolo e Michelangelo? Perché avrebbe dovuto "cercarsi un marito", come mi aveva detto Paolo, quella volta? C'entrava forse la storia del bisogno di Paolo che Michelangelo fosse "suo"? Ma "le altre persone", quelle che impedivano a Paolo e Michelangelo di sposarsi e di avere dei bambini, non pensavano forse la stessa cosa: che cioè il matrimonio e i figli fossero una "loro" proprietà esclusiva? Qualcosa non tornava o magari era destinato a non tornare.
"Vorrei che cresci rara come una giraffa in città, ma con l'istinto domestico del cagnolino (che a me è sempre mancato)" aveva scritto mia mamma, nella sua lettera. Di solito quindi bisognava scegliere: o la libertà di girare per il mondo come fosse una savana o l'istinto domestico, un collare col nome e qualcuno che ci porta dal veterinario. Ma la libertà lo sanno tutti che è una cosa bella e giusta: allora l'istinto domestico, se la esclude, che è? Brutto e sbagliato? Insomma che significa, esattamente, istinto domestico? Me lo chiedo ancora: stanotte, qui. Come si fa a capire se ce l'hai o se ti manca? E, se ce l'hai, perché devi rinunciare all'avventura della savana?
Se famiglia è dove famiglia si fa, non avrebbero potuto sposarsi in tre, mia mamma, Paolo e Michelangelo? Non sarebbe stata una maniera, quella, per essere giraffe e cagnolini nello stesso tempo? Per scorrazzare indisturbati nella savana durante il giorno e avere una cuccia assicurata per la notte?"

"<Vuoi davvero sapere come la penso, Mandorla?> mi ha chiesto. Ed è lì che ho capito che non aveva capito, e che forse tutto sommato era meglio così, ma gli ho fatto cenno con la testa per rispondere che sì, certo, volevo saperlo.
<Se questa cosa dell'amore non è una stronzata che hai letto da qualche parte, o visto magari in un film, se insomma è davvero roba tua: allora devi vivertela, non c'è un'altra possibilità.>
<Non ti seguo.> Non lo seguivo.
<Dunque> ha sospirato, <da tutte le parti ci arriva il messaggio che amare è bello. Pensa alle favole che raccontano a voi femmine quando siete piccole. Biancaneve e la Bella Addormentata avrebbero dormito per tutta la vita, se non arrivava il Principe Azzurro a svegliarle. E Cenerentola? Avrebbe continuato a pulire cessi. o no?>
<Sì?> Che potevo dire?
<Sì. O meglio: no. Cioè: sì, siamo martellati dalla promessa che quando troveremo l'amore potremo dirci davvero realizzati, ma no: non è vero. Chi l'ha deciso che imboccare i figli del Principe Azzurro per Biancaneve sia stato meglio che dormire tutta la vita, circondata però dall'affetto suoi amici nani che sicuramente, una volta diventata madre, è stata troppo occupata con la casa, i pannolini e tutto il resto per poter anche solo sentire al telefono? Eh? Chi l'ha detto?>
<Ma poveri nani...> non potevo che considerare.
<Poveri nani, Mandorla, brava! Poveri nani. Perché, le tre fatine della Bella Addormentata? Quante volte pensi che andrà a trovarle, quella stronza, quando dovrà stare dietro all'argenteria del castello dove è andata ad abitare, o quando dovrà iscrivere i bambini a equitazione - perché vuoi che non sappiano andare a cavallo, i figli del figlio del re?>
<Povere fatine!>
<Povere fatine, certo. Ma...> e ha dato l'ultimo tiro al mozzicone di canna che ormai gli stava bruciando i polpastrelli <ma è proprio chi tifa per i sette nani e per le tre fatine che può farcela.>
<In che senso?>
<Nel senso che se tutte quelle fregnacce, da Perrault alla pubblicità dei sughi pronti, su di te non hanno fatto presa, se davvero non ci vedi niente di buono nel perpetuarsi della specie umana attraverso l'accoppiamento e quanto ne consegue, quando poi ti capita di incontrare qualcuno e di ritrovarti a vivere con quel qualcuno, be': puoi stare certo che non sei stato costretto a farlo. Che quella è la precisa espressione della tua volontà.>"

"Viviamo tutti all'oscuro di qualcosa che ci riguarda, no?
Tutti.
Non possiamo sapere perché la nostra professoressa ogni tanto arriva in classe con le occhiaie, per esempio. Oppure perché al panettiere che ci fa sempre una battuta spiritosa, in certi giorni non vada per niente di scherzare. Non sappiamo che cosa fanno (la maestra e il panettiere, intendo) di domenica pomeriggio. Non sappiamo chi è passato prima di noi a un bagno pubblico che puzza da fare schifo. Perché il cane che abbiamo trovato è stato abbandonato. Chi l'ha legato a un palo, con quale criterio abbia scelto proprio quel palo: non lo sappiamo. Che cosa dicono le persone quando parlano di noi ma noi non ci siamo: nemmeno questo sappiamo. Possiamo illuderci d'immaginarlo, ma non lo sappiamo. E poi, un mondo di altre cose. Chi ha deciso perché quando diciamo "albero" intendiamo un tronco con i rami e le foglie e non, che ne so, un coso scivoloso per lavarci le mani che invece chiamiamo "sapone": anche quel nome lì qualcuno l'avrà stabilito. Ma come? Quando? Non lo sappiamo. E perché? Di che colore è il retro del cielo? Che cosa pensa una formica che ci passeggia su un braccio? Boh."


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giovedì 6 novembre 2014

Pizzette di melanzane/Eggplant's pizza


Hola chicos!
Manco fossimo alle porte dell'anno nuovo, mi sono preparata una lista di propositi, uno dei quali è: scrivere. Perché, per la miseria, mica posso continuare ad aggiornare il blog una volta al mese (quando va bene), vi pare?
Poi, cosa che mi rende particolarmente nervosa e incline a scatti d'ira funesta, ho scaricato un po' di foto dall'aifon (cioè, roba che non lo facevo tipo da... boh. tre mesi?) e mi sono resa conto di avere un botto di foto di ricette di cui NON RICORDO NULLA. Questo significa che, ahivoi, c'è la possibilità che io non riesca a condividerle qui.
Che qualcuno, a caso, sia dannato per questo.
Comunque. Con quale pacchettino di cazzi miei posso allietare questa vostra giornata?
Vediamo.
Ah, ieri ho imparato a fare il cubo dei binomi.
Poi, due mie compagne di classe litigano di brutto durante le lezioni ed io rido.
Next, ho fatto incazzare (per la seconda volta) la secchiona della classe, superandola in inglese. E rido, ancora.
E adesso la ricetta, che il tempo passa ed io ho mille cose da fare (tra cui studiare per la verifica d'informatica e guardarmi otto episodi di The Vampire Diaries).

PIZZETTE DI MELANZANE

Ingredienti:
  • melanzane (dai?)
  • sugo di pomodoro q.b.
  • mozzarella
  • parmigiano
PREPARAZIONE:

-Dunque, tagliate le melanzane a rondelle di circa un centimetro di spessore e posizionatele su una teglia.
-Tagliate la mozzarella a dadini.
-Con l'aiuto di un cucchiaio, spalmate abbondante salsa di pomodoro su ogni fetta, aggiungete la mozzarella, spolverate col parmigiano e appizzate il forno a 200°.
-Eseguite un balletto stile flashdance mentre il forno si riscalda.
-Infornate il tutto per una ventina di minuti.

Mi è venuta fame, mannaggia a voi.

ENGLISH VERSION

To my english followers, I'll avoid to translate all my nonsense, so I'll translate just the recipe! XD


EGGPLANT'S PIZZA

Ingredients:
  • eggplants
  • tomato sauce
  • mozzarella
  • parmesan
PREPARATION:

-First, cut the eggplant into slices about one centimeter and put them on a baking pan.
-Then, cut mozzarella into cubes.
-Next, helping you with a tablespoon, put a lot of tomato sauce on the slices, mozzarella's cubes, some parmesan and turn on the oven.
-After that, you can perform a ballet in flashdance style, while the oven warms up.
-Finally, bake 200° for about twenty minutes.

I'm going to try to translate my other recipes.
I'm sorry if I did some mistakes XD

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domenica 2 novembre 2014

Volevo dirvi

Che mi avete deluso.
Cioè, ma sul serio credete che mi sia fatta bionda?
Santa pazienza.

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