lunedì 19 novembre 2018

Sguardi #1

Sono le nove, forse le nove e mezza, e il cielo è come una coperta grigia che minaccia di soffocarci tutti, presto o tardi. La piazza è colma di gente. Passi lunghi e svelti, risate, conversazioni a voce alta, troppo alta, occhi piantati su un punto lontano. Non io, io mi guardo i piedi, che passano così vicini a lui, sdraiato in un angolo, un cappellino tirato giù fin quasi al naso, che dorme, forse.

Guarda giù!

Ogni angolo ha un te diverso, ma uguale. Passi svelti fanno vento. Lo sento soffiare. Lo senti anche tu?

Giallo, prepotente, rumoroso, assordante. Siedi di fronte a me, il busto grande strizzato in un piumino blu, la testa quadrata, gli occhi tristi. Le sussurri qualcosa, le sorridi, le tendi il dito fasciato e lei gioca, ride.
Piccole rughe ti solcano il viso.

Immagina!

Due gambe lunghe e sottili capelli biondi, finti, secchi. Direzioni lo sguardo, non puoi bloccarlo, è troppo forte. Ti mordi le labbra, attorcigli le dita, accenni un sorriso.

Pensa!

Che dolce, come sei dolce tu, e che bella bambina, che bella. Punti quei fanali verdi su di me, li abbassi, hai capito. Sai che io so, sai che sento tutto.

Piangi!

Non puoi smettere di guardare. Lui ha gli occhi serrati, le labbra tirate fanno movimenti appena percettibili, gli indici logorano due angoli di carta ormai vinta. Lui non lo dice, non vuole dirlo, non apre gli occhi, ché lo tradirebbero.

Osserva!

Quel simbolo, dove l'ho visto? Ovunque, in quella stazione. Ed ora qui, appiccicato su quel pezzo di carta, che stringi forte, che non lasci andare. Ti tremano i baffi ed io a fatica deglutisco parole.

Andrà tutto bene!

Ma non mi guardi, sai che io so, sai che sento tutto.

Il ferro stride, due treni s'incrociano, il tempo si ferma. Una barriera di vetro separa due sguardi che s'incontrano, per la prima volta, e vorrebbero chiedersi, ma non si vedranno mai più.

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lunedì 29 ottobre 2018

Un bambino.

Strilla come un ossesso e la sua vocina acuta penetra i miei doppi vetri per venire ad infilarmisi direttamente in camera. La persiana sbatte una, due, tre volte. Questo vento e questa pioggia di merda vogliono farsi sentire, vogliono dirmi siamo qui, grigi, opachi, spenti, come il tuo umore questa mattina.
Mi piacerebbe chiedervi come si fa a smettere di essere arrabbiati, per poter capire se quel senso di perdita che deriva dalla scomparsa dell'amore sia reale o solamente preda di quel sentimento folle che tutto crea e tutto distrugge, manco fosse dio o non so cosa.
Ma scommetto che non lo sapete neanche voi.
Un tempo credevo nell'amore.
Ci credevo pur non sapendo che cosa diavolo fosse e come diamine dovesse manifestarsi.
Infatti mi è capitato tanto, troppo spesso di confondere altri beceri istinti per lui, dicendomi che doveva essere proprio amore, altrimenti non.
L'ultima volta è stata come una violenta grandinata che ti coglie quando sei più fragile, impossibilitato al riparo.
Ho idealizzato, suppongo.
Anche se, quando mi sento ottimista, mi dico che no, non ho idealizzato, ho visto qualcosa che ancora se ne stava ben nascosto. L'ho visto e l'ho fatto mio, l'ho voluto, l'ho preso.
E poi ne ho pagate le conseguenze.
Mi sentivo imperfetta, in quei giorni. Sentivo di dover fare ancora molto per arrivare ad essere la persona che volevo - che credevo di voler - essere. Ed ero convinta che al traguardo avrei trovato un grande premio, il più grande della mia vita, il più bello.
Poi qualcuno ha strappato via il sipario mentre gli attori si cambiavano, e la magia della finzione è crollata, tutta, rivelando ingranaggi, strumenti di macchinazione, costumi.
E a me, lo giuro, è venuto da vomitare.
È stato facile trapassare la mia pelle sottile.
Oggi ho capito che non essere come la maggioranza di coloro che sono considerati vincenti non è un'imperfezione, anzi. È il mio dono.
La mia attitudine al pensare piuttosto che parlare, quella mia pelle sottile che è stato così facile - e lo è ancora - lacerare, i silenzi di cui mi approprio, fanno di me ciò che sono, e ne vado fiera.
Non ho mollato, quella volta.
Sono rimasta lì, immobile, a lasciarmi trafiggere da tutti quei maledetti pallini di ghiaccio.
Mi sono entrati dentro e sono rimasti.
Non sono più quella ragazza.
Sono la sua parte più gelida.
Una volta credevo di sapere cosa fosse l'amore, oggi non sono più nemmeno sicura che esista.
Mi piacerebbe estrarre quei cubetti freddi per vedere se, per caso, sia rimasto qualcosa di quella me che piano piano vado dimenticando, tanto mi sembra distante.
Però non so come si fa.

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martedì 16 ottobre 2018

Idealizzare

Siamo bravissimi a farlo, soprattutto quando siamo infelici.

La storia che sto per raccontarvi, me l'ha fatta tornare in mente lei, con questo suo post.

Quando avevo circa dodici/tredici anni, chattavo su Msn.
Lì, ho conosciuto M., un ragazzo romano, già maggiorenne, che mi faceva tanto ridere.
Chiacchieravamo del più e del meno, ogni giorno.
Poi le chiacchiere sono diventate via via più personali, la chat si è trasformata in lettere (sì, di carta, coi francobolli e la busta da leccare) e telefonate che duravano ore.
Lui mi capiva, mi voleva bene, era come un fratello maggiore.
O meglio, come il migliore amico di mio fratello maggiore, perché io, alla fine, di lui ero innamorata.
Non che non avessi altre robe per la testa, quello no.
Anche perché lui mi aveva detto chiaro e tondo "finché non compi diciotto anni, non possiamo vederci.".
Io avevo provato a insistere, si capisce, ma lui era stato irremovibile.
Così la nostra amicizia è continuata per cinque, forse sei lunghi anni.
Gli raccontavo tutto, anche dei miei fidanzati, della mia famiglia, della vita che mi faceva schifo.
E lui mi diceva cose belle, bellissime. Mi tirava su il morale, mi voleva bene, mi amava.

Ti amava?!

Certo, certo che mi amava.
Bisognava solo aspettare il momento giusto, poi tutto si sarebbe concluso felicemente. Io sarei andata a Roma, città dei sogni, e la nostra storia sarebbe diventata reale, tangibile, meravigliosa.
Poi i diciotto anni sono arrivati, eccoli lì.
Me li ricordo, sì. Festeggiai con lo zaino pieno di birre, da sola, girando per il quartiere finché non mi vinse il sonno. E non perché non avessi amici, no. Ma perché ero già un po' psicopatica allora, forse più di adesso.
Poi sono arrivati i diciannove e, finalmente, sia io sia M. eravamo liberi da altri impegni sentimentali, pronti per coronare il fantastico sogno d'amore di cui ero l'unica fautrice consapevole.
Non ricordo quasi nulla di quei giorni.
Non so più se lui mi venne a prendere in stazione o se vagai per la città in attesa che finisse di lavorare e lo raggiunsi a casa. Non ricordo di cosa parlammo, cosa mangiammo, dove andammo.
Ricordo solo poche, pochissime cose.
Lui non era bello, non proprio. Ma il fatto che non fosse canonicamente bello non mi toccava. Lui mi capiva, era mio amico, mi amava. Fine.
Era pomeriggio - o forse no - e ce ne stavamo sdraiati sul divano. Io ho voltato la faccia, lui ha voltato la faccia e ci siamo baciati. Lui ha detto "finalmente" e poi abbiamo scopato. Cioè, lui ha scopato. Ed io ho lasciato che facesse un po' come gli pareva.
Non m'importava di aver trovato una lettera della sua ex in cucina, e nemmeno che facesse un cristoddio di rumore mentre mangiava, soffiando via l'aria dal naso. Ffh ffh fffffh.
Io avevo deciso che era lui e lui doveva essere.
Fosse stato per me, non sarei più tornata a casa.
Il giorno dopo, però, è successa una cosa.
Stavamo camminando per strada, credo, e lui mi ha chiesto cosa mi andava di mangiare. Cinese o pizza?
Io gli ho detto che per me faceva lo stesso e lui ha iniziato a urlare.
PRENDI UNA CAZZO DI DECISIONE. IO TI OSPITO, TI PORTO IN GIRO, TI TRATTO COME UNA PRINCIPESSA E TU NON SAI NEMMENO DIRMI SE VUOI UNA CAZZO DI PIZZA O UNA CAZZO DI CENA CINESE.
Siamo tornati a casa, in silenzio.
Lui ha mangiato in cucina, io mi sono chiusa in una stanza a piangere.
Poi credo che sia successo qualcosa di orrendo e imbarazzante.
Credo di averlo pregato, credo di avergli detto che volevo stare con lui, che lo amavo e cose così.
E credo che lui mi abbia guardato come se fossi uno scarafaggio che infestava il suo salotto.
Ho pianto tutta la notte e poi, all'alba, ho preso il mio zaino e sono uscita da casa sua, in silenzio.
Ho pianto per tutto il viaggio, ho scritto ai miei amici e non ho mangiato.
Il mio sogno era infranto, perduto, finito.
In stazione ci ho trovato loro ad aspettarmi. Mi hanno portata al luna park e hanno tentato di accoppiarmi con un tizio napoletano di cui non ricordo il nome, comunque era pelato.
Potrei dire di aver imparato qualcosa da quella storia di merda, ma non è stato subito così.
Ce ne sono volute altre, di storie di merda, perché imparassi qualcosa davvero.
Idealizzare qualcuno, che sia un coglione conosciuto in chat o una vicina di casa, non è mai, mai la scelta migliore da fare. Però lo facciamo spesso, ogni giorno, e ancor di più quando la realtà che viviamo ci opprime, ci fa vomitare, ci disintegra.
Oggi, comunque, posso dire di aver smesso di rifugiarmi nei sogni.
E no, non perché ho smesso di sognare.
Ma perché ho capito che rifugiarsi non è la soluzione.
La soluzione è alzarsi in piedi e realizzarli, e non aspettare che lo faccia qualcun altro per te.

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giovedì 11 ottobre 2018

Il boom delle visualizzazioni

Proviene da siti porno/di incontri sessuali.
Ora, qualcuno mi spiega il perché?
Sarà forse il mio inconscio che vuole dirmi qualcosa?

Comunque.
Ieri ho completato l'iscrizione al Calvino e oggi sono una donna libera dall'ansiAHAHAH.
Ho finito.

Poco fa, mentre passeggiavo sotto la pioggia, mi sono soffermata su un pensiero.

Ma quanto sei fottutamente drastica, tu?

Sì. Credo sia un difetto, ma non ne sono poi così sicura. In ogni caso, è la realtà dei fatti.
Se qualcuno mi delude o mi manca di rispetto, io chiudo.
Ci metto un nano secondo.
Sarà che non amo circondarmi di persone inutili, sarà che la poca energia che intendo dedicare ai rapporti umani la voglio spendere con chi se lo merita, sarà che sono stronza, chissà.
Però, poi, ci penso ancora un po' su.

In fondo, tu sai anche perdonare e ripartire da zero, se vuoi.

Ed è la verità, so farlo, aaah se so farlo.
E allora perché non con tutti? Qual è la mano che guida le scelte che faccio?

Oh, ve lo dico. Queste sono elucubrazioni nude e crude. Scrivo mentre rifletto, rifletto mentre scrivo. Il nonsense è dietro l'angolo.

Forse, è possibile che nel profondo io riconosca le persone su cui mi ero sbagliata - magari sovrastimandole - e quelle su cui invece no, quelle che magari sono inciampate nella merda e si sono solo sporcate un tantino la faccia (per dirla con il mio solito savoirfaire).

Oh beh, a volte me ne dispiaccio, però.
Vorrei essere capace di mantenere quei rapporti tanto sterili quanto tattici che molti portano avanti in eterno, invece di pretendere solo il meglio e se il meglio non c'è, beh, che si fottano tutti, io ho i miei gatti.
Vorrei anche essere capace di sorridere per finta, di plastificarmi la faccia, di non mostrare i miei veri sentimenti ogni cazzo di secondo.
Perché è vero, alla fine. Se ti odio ma quando ti vedo ti saluto, sorridendo gioviale, non ti darò modo di pensare, voltate le spalle,  "guarda quella, che mi dà ancora così tanta importanza che nemmeno riesce a salutarmi.".
Però non ce la faccio, no.
Ed è un difetto, forse.
Però, alla fine, chissenefrega.

E no, santa pazienza, non voglio cambiare chissenefrega con chi se ne importa, dannato correttore formale.

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mercoledì 3 ottobre 2018

Luglio col bene che ti voglio

Settembre vaffancul e Ottobre pure tuuuu. Zàzàzà.

No, regà.
Mi dovete perdonare.
Non è che io non voglia intrattenermi in vostra compagnia, è che - porca mignotta - qua siamo tornati a pieno regime, proprio.
Ho la scadenza del Calvino che mi ansima sul collo e sto facendo la terza revisione del romanzo perché sono una cazzo di perfezionista dimmerda (ma è giusto così, se lo ritengo ancora da revisionare, dovrà pur esserci un motivo).
Mio fratello quindiciquasisedicenne ha ripreso la scuola a bomba e siamo già a livelli tali che ci tocca studiare fino a tarda sera.
Ho ricominciato a seguire anche altri ragazzini, il che mi porta via qualche altra ora giornaliera.
Leggo come se dovessi battere un record (e sono molto competitiva), perciò viaggio su una media di quattro libri a settimana (ma posso migliorare).
E, per concludere, non ho ancora smesso di adorare il mio essere allegra massaia/contadina, e anche questi compiti, da molti nemmeno ritenuti tali, portano via tempo (la pasta madre è il male, io ve lo dico. e anche il terrazzo con mille piantine da orto che non si curano da sole - però ti danno tante, tante soddisfazioni -).
Enniente.
Per il resto continuo a odiare laggente, la società, il mondo e le canzoni napoletane.
Quindi tutto a posto, non è cambiato niente tra di noi, no?

Senz'e te nun pozzo stà pecché tu m'appartienneeee
Ok, ho finito.
Non vi faccio promesse - perché detesto infrangerle - , però sappiate che, di tanto in tanto, vi penso.

Ci vediamo alla prossima, spero quando sarò un po' meno schizzata di così.

Vi lovvo.

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martedì 25 settembre 2018

Quando sto male mangio junk food

E niente.
Ieri mattina ero felice e giuliva.
Ho svolto le mie faccende, come una brava massaia.
Ho fatto ricerche per il romanzo e ho scelto una dozzina di libri potenzialmente utili. Il primo che ho preso s'intitola "Ingegneri della jihad", ed è tipo un saggio in cui si cerca una spiegazione razionale del perché sei estremisti su dieci sono laureati in ingegneria. Poi non ditemi che non faccio letture tranquille.
Sono andata a pilates.
Ho pranzato con un toast al formaggio e paté d'olive e un gambo di sedano.
Mi sono ammalata.

Ma come, così, all'improvviso?

Sì. Sarà stato il sedano, non lo so, però sta di fatto che alle tre del pomeriggio snariciavo abbondantemente, alle quattro mangiavo lo yogurt e i biscotti al cioccolato e alle nove morivo sul letto, abbracciata al gatto. Il maschio, perché la femmina non mi cagava di striscio.

E adesso?

Adesso sono sotto le coperte, i miei gatti russano e mi sono appena divorata mezzo pacchetto di patatine al rosmarino. Così ora, oltre al raffreddore, ho pure il mal di pancia, e posso lamentarmi meglio del mio profondo dolore, gemendo anche un po'.
Vi lovvo e, mentre vi lovvo, inizio un nuovo libro di Lansdale.
Cià.

Ps
Comunque stamattina ho anche lavorato un po': ho revisionato il romanzo che manderò al Premio Calvino, dopo la lettura critica di Patty, che ha trovato un paio di errori ortografici e mi ha dato un ottimo consiglio per migliorare l'incipit.

Ri-cià.

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lunedì 17 settembre 2018

I'm back, nànànà nànànànànànà.

E così, anche stavolta, l'Ade è tornata a casa.
Bella la vacanza spartana, avventurosa, in mezzo alla natura, eh?
Però che cazzo, è stata l'odissea delle sfighe.
Ve le riassumerò, per allietarvi la giornata e per festeggiare il mio tanto atteso ritorno.
Arriviamo e, cristoddio, il mare è sporco e pieno di piccole, infide meduse trasparenti che porcalamignotta non fatemi parlare. Poi la pioggia. Perfetto, per due scemi che sono partiti in moto e che alloggiano in una tenda minuscola fatta di un tessuto che assomiglia a carta velina, rotta. Ok, ma non perdiamoci d'animo. Compriamo diciotto metri di cordino, due teli impermeabili e costruiamo un accampamento che manco un tifone ce lo tira giù. Magari non bellissimo da vedere, eh? Ma non badiamo ai dettagli.
Si buca un materassino. Ok, tutto bene, usiamo quello da mare.
Si rompe la zanzariera. Ok, non è un problema, abbiamo gli zampironi.
Si rompe la cerniera della tenda. Ok, questa non ci voleva, ma ce la possiamo cavare. Abbiamo quattro spille da balia arrugginite e un poncho giallo di gardaland, rotto. Lo useremo come porta.
Si buca un altro materassino.
Due giorni prima di ripartire - e dopo averle girate tutte - troviamo la spiaggia perfetta: acqua pulita, giusto una medusa ogni tanto, bel fondale. Decidiamo di cambiare programma e di fermarci due giorni in più.
Mi arriva il ciclo in anticipo.
Nuvoloso, freddo, nuvoloso.
Una colonia di brufoli si impossessa della mia fronte.
Sabato, giorno della partenza: un sole che lasciastare.
No, però bello, eh?
E niente.
Ora via abbandono, lasciandovi con un pugno di mosche e una carrellata di foto.
Poi, forse, un giorno, chissà, scriverò un post serio sulle mie vacanze. Così, giusto per fingere di fare qualcosa di utile per la comunità.
Mi siete mancati, cocchi.
A breve ricomincerò a bazzicare i vostri blog, inquietandovi con la mia lugubre presenza.
Cià.

Tecnicismi.
Stralci di spiaggia figa.
Io che faccio la cacca guardando il mare.
Home Sweet Home
Io che scrivo questo post, in condizioni impervie.
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domenica 26 agosto 2018

Sono una persona difficile.

È vero.
Non sono estroversa ed espansiva, non parlo di me con cani e porci, tendo ad osservare la gente a lungo prima di aprirmi - e spesso non lo faccio - , sono molto, molto selettiva, non mi interessa avere una lunga lista di finte amicizie solo per avere qualcuno da chiamare quando mi annoio, non mi piacciono le persone superficiali - ma non per questo non mi piace divertirmi - , non amo essere al centro dell'attenzione, non sono l'anima della festa, spesso preferisco ascoltare piuttosto che parlare - quello lo faccio solo se ho davvero qualcosa da dire, che questa sia o meno in accordo con chi tiene le redini del discorso - , non muto la mia opinione per compiacere il prossimo, non m'interessano gli stupidi, non sopporto chi non ascolta, non guardo la televisione - nemmeno ce l'ho - , non seguo le mode, mi tedia girare per locali a spendere tre volte tanto il giusto prezzo per una birra solo perché "figa hai trent'anni cazzo fai stai a casa il sabato sera", tendo a non fidarmi della gente, odio lamentarmi e chi si lamenta, per questo non parlo quasi mai dei miei problemi e mi tengo tutto dentro finché non esplode in un fragoroso boom che mi sfrangia gli organi interni, disprezzo i presuntuosi, non tollero i maleducati e chi mi manca di rispetto, ho molta pazienza, ma se la perdo non la recupero più, difficilmente perdono chi si prende gioco della mia fiducia, ho poca autostima e tendo a svalutarmi, per questo non sono per niente brava a "vendermi", non so fingere e fatico a mentire, infatti se mi stai sul cazzo magari non te lo dico ma, fidati, me lo leggi in faccia, detesto l'ignoranza, detesto ignorare, faccio presto a sentirmi piccola, a volte sono arrogante, non mi piace essere criticata, ma rifletto sempre su ogni critica che ricevo, sono competitiva e non so perdere, a volte mi arrabbio per delle minchiate, ma non smetto mai di lavorare su me stessa. Amo leggere, scrivere, i miei gatti, gli animali tutti, le patate, la musica, cantare, la natura, il silenzio, me stessa.
Sono stata timida, poi spaccona, poi timida e ora non lo so che cosa diavolo sono e, francamente, nemmeno m'interessa.
Mi sento sola. A volte sto così male che, davvero, vorrei prendere il telefono e chiamare una mia amica solo per sfogare quel dolore che mi emigra dentro, ma non lo faccio. Lei è troppo impegnata, lei è appena diventata mamma, lei è lontana ed è troppo tempo che non parliamo più, lei ha già i suoi problemi. Allora apro un libro e leggo, talvolta scrivo, ma è ormai da tempo che non sono più così brava a lamentarmi con le pagine bianche. Scorro i social degli altri e vedo gruppi di amici sorridenti che stanno insieme, si divertono, si taggano, vanno in posti. Poi guardo la mia e ci trovo citazioni dei libri che mi piacciono.
Mi chiedo se forse, davvero, non sono sbagliata io.
Sono una ragazza problematica, han detto. Ed io so che l'hanno detto perché, semplicemente, non sono riusciti a scalfirmi. Oggi ho trent'anni e posso dire di essermi fatta da sola. La mia famiglia è quello che è e, vaffanculo, non intendo lasciarmi giudicare per questo. Sfido qualsiasi stronzo snob e paraculo come voialtri che avete sempre il giudizio pronto a farvi un solo anno dell'adolescenza che mi sono fatta io e vedere come cazzo ne venite fuori. Io, che possa strozzarmi con la saliva in questo preciso istante se dico stronzate, ho duecoglionicosì. E sì, va bene, ho lasciato la scuola a quindici anni e a venticinque mi sono rimessa in gioco, mi sono iscritta a corsi serali comunali, ho dato due esami da privatista studiando due anni di programma in uno e lavorando nel frattempo, mi sono fatta la quinta statale, dove la metà dei professori che avrebbero dovuto formarmi vedeva noialtri disadattati del serale come dei poveracci ignoranti sottolamedia e nessuno, nessuno mai, durante questo percorso, si è reso conto di quanto coraggioso e importante fosse quello che stavo facendo. Quando ho comunicato il mio 93/100, mia madre mi ha detto "brava, finalmente hai finito, adesso posso chiederti un favore?" e mio padre "sapevo che ce l'avresti fatta". Notare, che qualche anno prima mi aveva detto "a cosa ti serve iscriverti a scuola, impegnati piuttosto nel lavoro che fai", contribuendo a ritardare di altri tre anni la mia decisione, perché ero solo una povera stupida che faceva sempre, sempre quello che gli altri si aspettavano che facessi. E no, va bene, non ho fatto l'Università. E forse non sono la fidanzata bionda, estroversa, di buona famiglia, laureata con lode che avresti voluto per tuo figlio. Però sono intelligente, sveglia, onesta, buona e so fare un mucchio di cose. E va bene, magari non parlo molto, magari non do fiato alle trombe solo per dimostrare che ho le tette più grosse delle tue, magari non sono così brava a fingere - qualità oggi ritenuta indispensabile - , però sono forte e mi sono tirata fuori dalle situazioni più di merda che tu, povera bigotta ipocrita del cazzo, non sei nemmeno in grado di immaginare. È facile parlare quando si hanno avute tutte le possibilità, difficile comprendere che possono esserci difficoltà diverse, che una ragazza può essere stata costretta a fare le scelte che ha fatto, perché a quindici anni io ero già grande, dovevo esserlo, non avevo altra scelta. Certo, tutte queste cose tu, voi, non le sapete perché io non ve le ho dette. Ma, come accennavo poco fa, io a vendermi non sono per niente brava.
È facile giudicare al primo colpo d'occhio perché a guardare - guardare veramente - ci vuole tanta, troppa fatica.
Meglio giocare con lo smartphone, no?

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mercoledì 22 agosto 2018

Notizia degna di avere un post tutto per sé

E niente.
Mio fratello quindicenne, provetto detestatore di qualsivoglia parola impressa su carta, poco fa, a cinque capitoli dalla fine, mi ha guardato e mi ha detto: "Che palle, non voglio finire questo libro, è troppo bello.".
GRAZIE, EDUARDO MENDOZA. Grazie.

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lunedì 20 agosto 2018

Di un lunedì mattina alquanto pigro

Ebbene sì, lo ammetto. Stamani sono sul letto insieme ai miei gatti che si rotolano come delle piccole salsicce pelose. Io, però, non rotolo. Giuro. Bensì me ne sto qui a fare considerazioni sulla lettura da poco conclusa, la Madama Bovary, personaggio che ho detestato dalla prima all'ultima pagina. Il romanzo? Un capolavoro che ti proietta nella Francia del tempo, pur senza catapultarti nella storia, ma dandoti la posizione privilegiata di osservatore assente, di spettatore seduto nell'ultima fila, protetto dal buio.
Madame Bovary è una donna che vive relegata nel desiderio di avere ciò che immagina, un'egoista, infantile e manipolatrice. Baudelaire ha scritto che Flaubert, nonostante il tentativo di "spogliarsi del suo sesso e farsi donna", non è riuscito a non infondere sangue virile in questo suo personaggio. Infatti, il poeta asserisce che:
1)L'immaginazione, facoltà suprema e tirannica, prende il posto, in Madame, del cuore, da cui il ragionamento è escluso, il quale domina in genere nella donna come nell'animale.
2)Possiede energia d'azione, rapidità di decisione, fusione mistica del ragionamento e della passione che caratterizza gli uomini creati per agire: doti che Madame, in quanto donna, non avrebbe dovuto avere.
E conclude dicendo che:
[...] tutte le donne intellettuali gli saranno grate per aver elevato la femmina a una potenza così alta, così lontana dal puro animale e così vicina all'uomo ideale [...]
Insomma, misoginia portami via! Il buon Charles - che io, in ogni caso, adoro - dichiarò infatti che "la donna è naturale, cioè abominevole.".
No, vabbè.
Comunque. La mia idea di Madame, invece, non potrebbe essere più diversa. Infatti, io non credo che la Bovary ragioni moltissimo. La vedo più come una squilibrata, una che si lascia dominare dalle passioni, che non riflette, che non si cura di nulla, a parte di ciò che sente e vuole, che spesso e volentieri è oltremodo labile. Me la immagino come la classica "gattamorta", una donna che vive chiedendosi cosa potrebbe ottenere da questo o da quell'altro, ignorando completamente i sentimenti del prossimo.
'Na zoccola, insomma.
E niente. Questa mattina voglio rileggere il mio romanzo da cima a fondo. Sono passati ormai più di dieci giorni da quando ho battuto il capitolo conclusivo e credo di essermene allontanata a sufficienza per poter contare sulla mia obiettività. Sono settimane che ho in testa un nuovo personaggio e voglio buttare giù qualcosa prima di partire - finalmente - per le vacanze.
Ciàbbelli.

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lunedì 13 agosto 2018

No, ragazzi.

Questa cosa che sono in bici dall'altra parte della città e, boom, esplode il temporale ed io cerco un ponte, lo trovo, mi fermo, sento il rumore della pioggia, il fresco che le gocce mi hanno appena lasciato sulla pelle e mi dico no, io non voglio stare qui sotto, e allora mi rimetto in sella e via, a tutta velocità, i muscoli spingono, sono forti, la bici vola, gli occhiali puntellati di piccoli pallini bagnati, il vento mi esplode sulla gola, in faccia, tra i capelli, sulle spalle nude, le macchine sfrecciano ed io rido, è bellissimo, sono libera, sono veloce come il vento, sono io.
No, tutto questo non mi preoccupa.
A preoccuparmi, invece, è il fatto che, in quest'immagine idilliaca di una me saettante per le strade vuote di Milano, bagnata e gaudente, la mia mente canticchia la Pausini.
Boh, forse sto impazzendo.

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mercoledì 8 agosto 2018

Plum cake con miele e gocce di cioccolato / Plum cake honey & chocolate


No, non sono al mare a mostrar le chiappe chiare.
Sono a Milano che vernicio pezzi di legno, elimino nidi di vespe e sudo davanti ai fornelli.
Ma va bene così, io detesto andare in vacanza in Agosto.
Perché odio le genti e amo il silenzio.
Comunque.
Stamattina ho un'importante faccenda da portare a termine: scrivere l'ultima pagina del romanzo.
Essì, belli miei. Ci siamo. E anche in anticipo rispetto ai tempi previsti. Non siete fieri di me?
Scommetto che non ve ne frega un cazzo di sì.
Ora, siccome non ho tempo di dilungarmi, vi lascerò con la ricetta di codesto dolce morbido e aromatico, perfetto per la colazione. E vi saluterò facendo ciao ciao con la manina e lasciandovi grandi promesse di pronto ritorno.

INGREDIENTI/INGREDIENTS:

  • 200 grammi di farina 0  / 200 gms 0 fllour
  • 150 grammi di zucchero integrale di canna / 150 gms whole cane sugar
  • 2 cucchiai di miele di castagno / 2 tbsp chestnut honey
  • 250 ml di yogurt bianco / 250 ml plain yogurt
  • 2 uova / 2 eggs
  • 1 bustina di lievito / a packet of backing powder
  • 50 grammi di burro / 50 gms butter
  • 1 pizzico di sale / a pinch of salt
  • scorza di un limone / 1 lemon peel
  • gocce di cioccolato / chocolate chip

PREPARAZIONE / INSTRUCTIONS:

#Prima di tutto, montate le uova con lo zucchero / First, whip eggs and sugar
#Aggiungete il burro, - che avrete fuso e lasciato intiepidire - lo yogurt e il miele / Add melted butter, - lightly heated - yogurt and honey
#Aggiungete la farina, il lievito, il sale e la scorza di limone / Add flour, baking powder, salt and lemon peel
#Aggiungete le gocce di cioccolato / Add chocolate chip
#Rovesciate il pappone nello stampo da plum cake ricoperto di carta da forno e fate cuocere per circa 40 minuti a 180° / Get it into a pan with parchment paper and cook it for about 40 minutes at 180 degrees.



E niente. Cosa ne pensate di queste foto? Vero che mi sono venute meglio del solito? Dite che devo preoccuparmi? Non starò mica subendo una mutazione in  f...f...fo...fooo... NO NON CE LA FACCIO A DIRLO.
Scusate, ho bisogno di stare da sola con le mie emozioni.

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lunedì 30 luglio 2018

Una barca nel bosco, Paola Mastrocola


Gaspare è un ragazzino bravo, molto bravo.
Madame Pilou, la sua nuova insegnante di francese, gli fa conoscere i poeti latini e vede in lui un giovane promettente, tanto che si presenta dai suoi genitori per dire loro che "devono farlo studiare", Gaspare non può fare il pescatore come suo papà, Gaspare merita qualcosa di più.
E così Gaspare viene iscritto al liceo, a Torino. Mamma e ragazzo partono dalla loro isola e vanno a stare da zia Elsa, che vive lì ed è sola, lasciando il babbo giù a lavorare perché il figlio, un giorno, possa diventare avvocato. Ma sì, che sarà mai, no? Ci vedremo in estate e ci telefoneremo ogni giorno.
Però Gaspare non è così contento del liceo: prende sempre dieci a latino - ma com'è che si ricomincia tutto da zero? E non leggere Verlaine! Perché Verlaine, credimi, per imparare il francese non ti serve a niente! -  e, cavolo, nessuno ha quelle dannate scarpe marroni con la suola di gomma come le sue! E all'intervallo? Mica può stare in classe, deve uscire, come fanno tutti! Ma dove andare, dove? Ah, ecco! Lì, attaccato a quel termosifone lì, a fingere di scaldarsi, anche se in estate, poi, vabbè.
Paola Mastrocola, attraverso la voce ingenua e spaesata di Gaspare, denuncia un sacco di meccanismi che non funzionano, non soltanto nelle relazioni umane, ma anche nella società, e lo fa con aspra finezza.
Un romanzo che, in me, ha toccato le corde giuste.
E in voi?

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domenica 29 luglio 2018

Pasta fredda con fagioli neri e altre cose/cold pasta with black beans and stuff


Enniente. L'Ade del vostro cuore, oltre ad aver ricominciato a scrivere, si è anche rimessa a cucinare.

VOI. NON AVETE. IDEA.

Che cosa vi aspetta?

Ma è chiaro! Rotolanti valanghe di ricette, accompagnate da sproloqui di ogni tipo, cari i miei coraggiosi seguaci!

Chi mi segue dai tempi che furono lo sa bene, questo NON è un food blog (ve lo specifico molto bene qui, se vi va di farvi un po' di cultura), lungi da me il volermi affibbiare questa nomea, ci mancherebbe.
I motivi sono i seguenti:
1)Le mie foto fanno cagare (ed è risaputo che i food bloggerz sono sempre, immancabilmente, dei fotografi pazzeschi: tutti i loro piatti sono accompagnati da creazioni artistiche, giochi di luce, accostamenti di colore e bla bla. A convalida di questa mia affermazione, potete farvi un giro qui.).
2)A me piace cazzeggiare e dire le parolacce (trovatemi un food blogger che vi dice: e adesso tagliate queste cazzo di zucchine a rondelle, miseria ladra. Per essere certi della cosa del cazzeggio potete trotterellare fino a qui, se vi garba.).
3)Io non ho sbatti. Sì, questa è la pura verità. Cucino mille cose e le fotografo quasi tutte, ma poi non ho cazzi di pubblicare le ricette. Ergo: mi manca la costanza del bravo food blogger.
4)Io sono una scrittrice, porcoddinci!

Dette le mie stronzate, vi lascio alla ricetta del giorno che ho bellamente copiato per la quale ho preso spunto da lei, che prepara sempre cose deliziose e, chevvelodicoaffare, fa delle foto nettamente migliori delle mie. Comunque. La sua versione prevede i fagioli bianchi dall'occhio - che io non ho trovato e che quindi ho sostituito con quelli neri - e la pancetta - che io non ho messo perché non la mangio -, quindi alla fine non ho proprio scopiazzato dai, bisogna darmene atto.
D'accordo, ora la smetto. A vous la recette! Amorevolmente tradotta anche in inglese per coloro i quali quest'oggi si sentissero un po' britishhhh e per i miei innumerevoli followerz stranieri, che qui sono e saranno sempre i benvenuti!

RICETTA PER DUE PERSONE CHE MANGIANO PER DICIOTTO/RECIPE FOR 4 SERVINGS:

  • 300 grammi di fagioli neri secchi/300 grams of dried black beans 
  • mezzo chilo di pasta (mezze maniche)/500 grams of pasta
  • una dozzina di pomodori pizzutelli profumati/about 12 small tomatoes
  • peperoncino/chilli
  • cipolla rossa di Tropea/a fresh and sweet red onion
  • olio extravergine d'oliva/olive oil

PREPARAZIONE/METHOD:

  • I fagioli secchi vanno messi a bagno la sera prima, scolati e lessati (tempi di cottura sulla vostra allegra confezione, comunque circa 40 minuti)/The night before, soak the black beans. Drain and boil them (you'll find cooking time on the package, however it is about 40 minutes).
  • Tagliate la cipolla a rondelle e soffriggetela nella padella con un filo d'olio/Heat the oil in a large frying pan, add the cut onion and cook for few minutes.
  • Aggiungete i fagioli e i pomodori tagliati a metà (o in quattro), poi cuocete a fuoco medio per una quindicina di minuti, nel frattempo preparate la pasta/Add beans and the cut tomatoes, then cook over medium heat for about 15 minutes, in the meantime make pasta (you know, boil the water, add salt, pasta and cook).
  • Fate raffreddare la pasta (nella ricetta originale, la pasta viene fatta raffreddare mettendola a bagno maria nel ghiaccio; io il ghiaccio non ce l'avevo e non avevo sbatti di farmelo, quindi l'ho raffreddata alla maniera arrogante: l'ho messa in una ciotola con un filo d'olio e di tanto in tanto la giravo. Pensavate che fossi stata lì a soffiarci sopra sputacchiando per mezz'ora, eh? E invece no, tiè.) e poi conditela/Cool the pasta in a bowl with some olive oil, then mix all.
Ciaobbelli, buona domenica.

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lunedì 23 luglio 2018

Vita Sackville-West, Ogni Passione Spenta


Si può sapere che cazzo fai?

Quando ho detto alla mia insegnante di yoga che nella vita scrivo, il suo commento è stato che è una cosa bellissima e che devo impegnarmi molto, poi mi ha consigliato di leggere questo romanzo di Vita Sackville-West e devo dire che mai consiglio fu più azzeccato.
Lady Slane, anziana signora di ottantotto anni, resta vedova del suo amato marito – influente uomo politico – e decide di ritirarsi in una piccola casetta poco fuori Londra, allontanando tutte le persone che avevano fatto parte, fino a quel momento, della sua vita. Sì, perché Lady Slane, bisogna dirlo, aveva pur avuto una vita meravigliosa, dalla quale aveva ottenuto ogni garbo, ma non era stata affatto la vita che avrebbe voluto lei. E ora, che di vita davanti a sé ne ha così poca, non ha più intenzione di celare la vera se stessa dietro ulteriori maschere, ma intende abbandonarsi alla più totale contemplazione del suo essere.
Questo tenero, delicato, romanzo riflette, citando le parole dell’editore, “sul ruolo delle donne nella società, sulla loro libertà e sui loro obblighi, sul controllo che riescono a esercitare sulla propria esistenza”, e credo che questo potesse, certamente, essere vero al cento per cento per l’epoca in cui è stato scritto, e in parte anche per la situazione attuale che – seppur migliorata – non è certamente definibile “uguaglianza”.
In me, però, ha generato anche un altro tipo di riflessione: quella sull’influenza che hanno, sulla vita di tutti noi, le convinzioni imposte dalla società. Tutti quei “bisogna”, “è giusto”, “si deve”. Tutte quelle credenze che, crescendo, impariamo a fare nostre e che, troppo spesso, ci allontanano dalla nostra essenza più profonda, spaventandoci, portandoci a credere di essere nell’errore, degli idealisti, inutili sognatori.

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giovedì 19 luglio 2018

Non sono una fanatica degli oroscopi

Anzi, quando ero ragazzina avevo un'amica che non usciva di casa finché non avesse ascoltato l'oroscopo del giorno (mi pare tipo al tg5) ed io ogni volta mi domandavo come fosse possibile crederci sul serio.
Però da quando ho scoperto Internazionale ho imparato ad amare l'oroscopo di Rob Brezsny, che è ben lontano dall'essere una "previsione" quotidiana, piuttosto è un simpatico consiglio - farcito di citazioni e aneddoti - che, non so davvero come, con me azzecca quasi sempre il tiro.
Quello di questa settimana, poi, mi ha lasciato veramente di stucco.

SCORPIONE
Emily Dickinson ha scritto 1775 poesie, in media una alla settimana
per 34 anni. Mi piacerebbe che tu varassi un progetto profondo
e duraturo che richiederà altrettanta tenacia e dedizione.
Sei pronto ad ampliare la tua visione di quello che puoi fare?
I presagi astrali indicano che i prossimi due mesi saranno
il periodo ideale per impegnarti in una grande impresa,
in cui darai il meglio di te per il resto della tua lunga vita!

Ok, ora parliamone.
Mi sono rimessa a scrivere, e questo voi già lo sapete. In particolare sto rivedendo/modificando il primo romanzo che ho scritto e quello che ne sta venendo fuori è uno spettacolo. Qualcuno di voi, in passato, ha potuto leggere la prima versione ed io ricordo bene le impressioni che ne sono uscite. In particolare, qualcuno mi disse: bello, ma ora parliamo di cose serie. Nel senso che, sì, la qualità c'era, ma era ancora acerba. E, in effetti, quando qualche settimana fa - prima di imbarcarmi in questa impresa - l'ho riletto, anch'io ho pensato la stessa cosa. Mi era già capitato in passato, lo ammetto, ma mi ero sempre rifiutata di modificarlo perché temevo di snaturarlo, di portargli via quella parte di me così diversa che ero al tempo in cui lo scrissi. Poi è successo qualcosa. Intanto mi sono detta: se non piace a te, come puoi pretendere che piaccia a qualcun altro? E direi che questa è una buona, anzi ottima motivazione per rimetterci mano. Poi, oggi, la qualità della mia scrittura è EVIDENTEMENTE migliore di quella di anni fa, che era appunto acerba.

Oh, hai finito di divagare?

Ma che ne so, mi sono persa il punto in cui volevo arrivare.
Dunque, ricapitolando. Sto modificando il romanzo, e anche parecchio. Ho fatto mia una frase di non so chi - leggo troppo per ricordarmi di affibbiare ogni citazione al suo autore - che dice più o meno questo "se puoi dirlo con meno parole, fallo". Ed io lo faccio. Inoltre sto tagliando senza remore tutte le parti che non mi convincevano: ho eliminato personaggi e intere scene e, cosa più importante, ORA HO CAPITO COSA VOGLIO COMUNICARE. Già, perché prima mica lo sapevo. Io scrivevo e ciao. E invece poi ho letto quel piccolo manualetto di Jack London che mi ha spiegato un sacco di cose, nonostante sia morto da più di cento anni. E sì, cazzo. Ecco cosa mancava! Cosa vuoi dire, Ade? Cosa vuoi lasciare dentro a chi ti legge? Non vorrai mica scrivere romanzetti asettici buoni solo per adolescenti ormonati, no?

"Come farà, caro signore, signora o signorina, a raggiungere la distinzione nel campo che ha scelto? Col genio? Oh, ma lei non è un genio. Se lo fosse non starebbe leggendo questo righe. [...]"

Corretto, Jack.
Inoltre, il mio defuntissimo guru, mi ha spiegato che per essere scrittore bisogna avere una filosofia di vita, una "scorta personale di idee e esperienze [...], né più né meno qualcosa da dire".

"E tu, giovane scrittore, hai qualcosa da dire, o credi soltanto di avere qualcosa da dire? Se ce l'hai, nulla potrà impedirti di dirlo. [...]"

Sì, Jack. Ce l'ho qualcosa da dire e ho anche una mia propria filosofia di vita, grazie per avermelo fatto notare.

Stai. Divagando. Di nuovo.

D'accordo, torniamo al succo della questione. Giusto ieri ho dato una svolta essenziale al mio lavoro e ne sono molto fiera. 

E tu sei pronto ad ampliare la tua visione di quello che puoi fare?

Sì, sono pronta, Rob.
In ultimo, il caro Rob, ci ha preso anche sulle tempistiche. Mi sono data fino a Settembre per terminare quest'opera e, una volta conclusa, proseguirò nella mia impresa e non mi fermerò, perché intendo davvero dare il meglio di me per il resto della mia lunga vita!

Ps
Il manuale di Jack è da leggere minimo una volta alla settimana. Non scherzo.

Ciao belli.

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mercoledì 18 luglio 2018

Avere un gatto è bellissimo

Nel mio caso, siccome ne ho due, è addirittura spettacolare.
Per esempio.
Hai appena pulito tutta casa, no? Passato l'aspirapolvere (anche sul divano), lavato i pavimenti, spolverato... tutto è profumato e brillante e tu ti crogioli in questo attimo di meraviglia. Poi, ti volti un secondo e - zac - il gatto ha fatto la cacca e impestato la stanza di puzza, lanciato sabbietta ovunque (nonostante abbia una sabbiera chiusa) e, grattandosi, si è strappato via con quelle sue unghiaccie una quantità indefinita di peli che si è depositata ovunque, persino sul tavolo e - ovviamente - sul divano.
Sei davanti al pc, in un momento clou: finalmente i pensieri stanno connettendosi e stai per risolvere un pezzo di trama che non riuscivi a collocare da tempo, appoggi le dita sulla tastiera, la prima frase ti sale alla mente, la trovi bellissima, stai per metterla nero su bianco e la gatta, placida, ti passa davanti alla faccia, ti dà una testata - per dimostrarti il suo affetto - e poi ti si siede sulle mani, facendo le fusa.
Hai appena comprato il terzo copridivano negli ultimi sei mesi. Arrivi a casa e, felice di poter nuovamente apprezzare l'umanità del tuo sofà - almeno per un po' -,  lo foderi con amore e intimi ai gatti di starci lontano. Ovviamente, hai comprato loro una moltitudine di oggetti su cui farsi le unghie ma, non appena andrai in bagno a fare la pipì, tornerai in salotto e scoprirai che, in cinque minuti, sono già riusciti a sfilettare i trenta euro che hai appena speso.
Stai lavando il pavimento, i gatti sono tranquilli sul terrazzo e pensi "beh, dai, non si alzeranno proprio ora.". Invece lo fanno, solo per il gusto di lasciarti l'impronta dei loro bellissimi polpastrelli ovunque.
La porta (o la finestra) sono chiuse. Vuoi perché fa caldo, vuoi perché fa freddo, vuoi per le zanzare, sono chiuse. La gatta ti guarda, guarda la porta, ti riguarda. "Ok, ti apro". Le apri e lei si mette esattamente in mezzo. "Esci, così richiudo". No, lei si siede. E ti guarda. Cazzo fai, tieni la porta chiusa??
Stai facendo colazione e il gatto sale sul tavolo, dà una testata - per dichiararne il possesso - al primo pacchetto di cereali che trova e genera un effetto domino che distrugge ogni cosa.
Stai mangiando lo yogurt e la gatta ne vuole un po'. Dammelo.
Apri il mascarpone/la ricotta/il formaggio fresco/il gelato e la gatta ne vuole un po'. Dammelo. Adesso.
Devi apparecchiare la tavola e la gatta è sdraiata sul tavolo. Fai per spostarla e lei ti trucida una mano, urlando, e poi se ne va offesa.
Stai scrivendo e una mosca ti ronza intorno. La scacci. Ritorna. La scacci. Ritorna. Guardi i tuoi gatti. Uno dorme sul divano e l'altra è sulla sedia che ti guarda come se fossi scema. "Fate qualcosa no? Non siete felini indomabili cacciatori?". No.
Di sera - diciamo intorno alle otto circa - il gatto si trasforma da ciccione pigro a cavaliere indomito e PRETENDE di uscire a fare casino (infilarsi in casa degli altri, litigare col gatto del vicino, rosicchiare le piante sui davanzali altrui e cose così.). Se non glielo permetti, lui emette dei suoni MOSTRUOSI che ti impediscono di svolgere qualsiasi attività.
Verso le cinque o le sei del mattino, la gatta decide che devi svegliarti. E miagola. Forte.
Se lasci dei panni sullo stendino ad asciugare e ti distrai un attimo, la gatta ne afferra uno a caso, lo tira giù e lo ciuccia, riempiendolo di bava e peli. Te ne accorgi perché, mentre lo fa, miagola come se la stessero sgozzando.
I principini hanno due sabbiere che tengo quotidianamente pulite. Nonostante ciò, a volte, ritengono che fare la pipì fuori sia una buona pratica. E, mentre noi elaboriamo ipotesi sulle cause di tale comportamento (forse non amano questo tipo di sabbietta, magari è il posto in cui la teniamo, forse preferirebbero che non fosse chiusa, magari sono malati, forse di tanto in tanto uno dei due sbaglia e va nella sabbiera dell'altro e questo, per ripicca, la fa fuori e cose così) e relative soluzioni, secondo me loro se la ridono sotto quei baffoni bianchi che si ritrovano.
Se i gatti non fossero carini, li ameremmo lo stesso?
Secondo me sì. Cioè, guardate un Chihuahua e poi ne riparliamo (scherzo, mi piacciono anche loro).

Sono il conte Draaaaacula miiiiinchia

Tu vai, lasciami qui.

Mamy guarda, faccio il morto!

Che barba, che noia, che caldo, che sonno

Te lo dico io cosa devi fare: niente!

Mbeh? Chiudi, no?

Mamy ti puzza il fiato!

Questa è scema

La comodità

Sonno profondo

Dai facciamoci un selfie!

Tu vai, lasciami qui #2

buh!


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domenica 15 luglio 2018

Sto leggendo un libro

- quale novità? - che si assume l'ingrato compito di insegnarmi a vivere nel "qui e ora".
A ME.
CHE SONO PAZZA.
No, a parte le stronzate. Si tratta di pratiche per esercitare la mente a pensare a una cosa alla volta, impedendole di vagare, perché si possa vivere pienamente il momento presente. A quanto pare - e, nel mio caso, è verissimo - noi non pensiamo praticamente mai a ciò che stiamo facendo. Mentre tagliamo i pomodori pensiamo a quello che dovremo fare dopo (e uno qui può dire "vabbè, mi porto avanti") oppure mentre ci interroghiamo su una decisione da prendere, pensiamo a quello che potrebbe accadere dopo o a quello che ci è già accaduto in passato, e questo è più grave, temo, perché lasciamo che una paura ci influenzi e, magari, ci impediamo di vivere qualcosa che, in quel momento, vorremmo davvero davvero vivere. Infatti, l'autore dice che la nostra mente tende a ricercare il piacere ed evitare il dolore SEMPRE e questo, molto spesso, ci porta a causarci ancora più dolore. Ora, io ho sicuramente banalizzato il concetto e, comunque, il libro l'ho appena iniziato quindi, se vi interessa, leggetevelo.

Qui e ora - strategie quotidiane di mindfulness, di Ronald D. Siegel

Nel caso, vi saprò dire se con la mia testolina incasinata ha funzionato.
Ve l'ho già detto che ho riscoperto la biblioteca? Beh, ve lo dico ora: ho riscoperto la biblioteca. Questo per me è un traguardo pazzesco, e vi spiego perché. Chi mi segue da tanto lo sa, una volta ero una maniaca dello shopping. Già. Non c'era giorno che io non comprassi qualcosa - vestiti o cagate, per lo più - e mi capitava spesso di "soffrire" se non riuscivo ad acquistare un oggetto che avevo visto e che avevo deciso doveva essere mio. UNA MALATA MENTALE, insomma. No, scherzo. In realtà quello era il mio modo di consolarmi, credo. Lo shopping era per me un modo per colmare i miei vuoti interiori, certo non quelli del mio armadio. Poi, a un certo punto, ho smesso. La cosa appariva così folle che qualcuno mi ha anche definito un'eretica - con amore, s'intende - . E' successo senza preavviso. Semplicemente, un giorno, mentre giravo per negozi, ho sentito che non m'interessava niente: io non volevo nulla. NADA. Tutt'oggi mi capita di pensare "vorrei un vestito nero", poi entro in un paio di negozi e immediatamente mi passa la voglia. Ciao.
Comunque, questa premessa per dirvi che, persa la mania del comprare oggetti inutili, mi era rimasta quella di "voler possedere i libri", a tutti i costi. Ogni libro che leggevo, doveva essere mio. Non riuscivo a concepire l'idea di non avere un libro che avevo letto, ecco. E ora? Puf, sparita anche quella. L'altro giorno entro in libreria, ci resto un secolo e, ogni titolo che mi interessa, invece di provare l'impulso all'acquisto, penso "segno il titolo e vediamo se c'è in biblioteca". OMMIODDIO, regà. Ma che mi succede?
No, seriamente. Credo che ci siano libri DA AVERE - perché sono i tuoi libri, quelli che hai amato con tutta te stessa e che devi vedere lì, su quello scaffale, e, di tanto in tanto, tirarli giù, annusarli, sfogliarli e rileggerli - e credo anche che - in un giorno moooolto lontanissimo - avrò dei figli e vorrei che crescessero in una casa piena di bei libri (cosa che non ho avuto io). Poi magari odieranno leggere, ma vai a sapere.
Però mi sono resa conto che ci sono un sacco di "libretti" - passatemi la definizione - che ho letto e mi sono anche piaciuti ma di cui non ricordo quasi nulla, perché sono i libri "passatempo", quelli che ti fanno passare dei bei momenti e nulla più. E quindi niente, oggi ho capito che di quei libri posso fare a meno, non mi serve possederli. Perché il desiderio di possesso insensato è comunque l'anticamera di qualcosa, temo. FOLLIA, forse. Ok, la smetto.
Vabbè tutta 'sta tiritera per dirvi che sto leggendo UN CASINO. Ho letto:
1)Nel Guscio, Ian Mc Ewan
2)Il Giro del Miele, Sandro Campani
3)Il Viaggio Verticale, Enrique Vila-Matas
4)Andare a Piedi, Filosofia del Camminare, Frédéric Gros
5)Il Senso di Smilla per la Neve, Peter Hoeg
6)Misery, Stephen King
7)Il Razzismo Spiegato a Mia Figlia, Tahar Ben Jelloun
E alcuni saggi/manuali sui più disparati argomenti (dislessia e dsa, fiducia, conoscenza).

Volete qualche opinione/considerazione? No? Beh, 'sticazzi.

1)Allora, Nel Guscio. Sicuramente bello. Il narratore è un bambino che sta per nascere e la storia è intrigante. Però - e questo è chiaramente mio gusto personale - è eccessivamente descrittivo e formale, mi ha dato quasi la sensazione che l'autore volesse far sfoggio della sua cultura, utilizzando appositamente paroloni ed esprimendo concetti in maniera complessa. Che ci sta, eh? Però a me non piace. Mi irritava un po' leggere venti righe di roba e poi, arrivata alla fine, scoprire che voleva solo dire che il cielo è azzurro. Cioè, ma cazzo. Per contro, mi è piaciuto molto l'inserimento - chiaramente inverosimile all'interno della storia, cioè, figuriamoci se un neonato ancora galleggiante nel suo utero può fare considerazioni sulla situazione politica in Gran Bretagna, per dire - di pensieri in generale molto belli sul mondo e sulla sua attuale condizione.
2)Il giro del miele è un romanzo molto bello, intimo e che ti prende dall'inizio alla fine, nonostante la storia non sia colma di colpi di scena e di suspance, ti cattura e ti immerge nelle vicende dei personaggi con facilità estrema. Inoltre la qualità della scrittura di Sandro Campani è davvero molto alta. Il narratore è Giampiero, il quale riceve una visita inaspettata, di notte, da Davide, ex marito della Silvia. I due, che una volta sono stati amici, non si vedono da parecchio e decidono di sedersi al tavolo, con una bottiglia di grappa a far loro da appoggio, e raccontarsi. Raccontare.
3)Ho fatto una fatica tremenda a leggere questo libro. E' veramente una noia mortale. Elucubrazioni su elucubrazioni e un narratore IRRITANTE che ti fa passare ogni voglia di immedesimazione. Sicuramente l'intento era positivo (la labilità della vita e delle certezze, la paura dei cambiamenti e della morte...), però NO.
4)Un bellissimo saggio che esplora l'arte del camminare, vista anche da uomini, filosofi e autori del passato, quali Rimbaud, Thoreau, Kant, Nietzche, Gandhi, Rosseau... una meraviglia.
5)Un giallo che ti inchioda, una protagonista spettacolare - Smilla - e una critica al razzismo dei danesi nei confronti dei groenlandesi, considerati dei selvaggi. Bellissimo.
6)Vabbè, cosa volete che vi dica. Solo una parola: SPETTACOLO.
7)Con il razzismo spiegato a mia figlia l'autore dà una serie di risposte a domande sul razzismo fatte dalla figlia quando aveva dieci anni. E' un po' ripetitivo ma interessante e istruttivo e tratta alcuni argomenti di cui è possibile si sappia poco, spesso per sentito dire.

Comunque, attualmente ho ben nove libri ad attendermi, sul comodino (e solo di quelli della biblioteca, attenzione). Tremate.

Buona domenica, belli. Io me ne vado in palestra. Adieu.

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mercoledì 11 luglio 2018

Di un mercoledì mattina, ore quasi dieci

E niente.
Mi chiedo quale assurdo meccanismo mentale porti una persona a credere di essere nel giusto, quando si offende perché TU non ti fai sentire quando, rovesciando la questione, TU potresti dire la stessa cosa.
Perché, voglio dire, se hai voglia di parlarmi, dove sta il problema?
Ah, giusto. L'orgoglio. Dimenticavo l'orgoglio.
Non mi faccio sentire perché voglio vedere se si fa sentire lei.
Perfetto, CIAONE.

Detto questo, stamattina, come quasi ogni mattina, L. mi dà un bacio, esce di casa e mi dice: "scrivi tanto!".
Ed io scrivo. A volte tanto, a volte non molto, e allora leggo, ché anche quello è un ottimo esercizio (oltre che un piacere).

Ieri la mia insegnante di yoga mi ha fatto la fatidica domanda: e tu che fai? Ho detto: io scrivo.
Ed è stato bellissimo.

Forse la maggior parte delle cose che faccio in questo periodo non produce denaro, ma produce qualcosa di meglio: benessere. E, per la prima volta, non mi sento un fallimento per questo.
Non sono più confusa: so dove sto andando.

"Quello che la gente pensa diventa più importante del seguire la propria Leggenda Personale."

Ogni volta che mi sono persa, è stato perché mi guardavo con gli occhi del mondo. Certo, ammetto che avrei voluto fare l'università, nella mia vita. Ma non è stato possibile, fin qui. Forse lo sarà un giorno. Perché c'è sempre tempo per ogni cosa. Basta non lasciarsi spaventare dal passato e dal futuro, che sono i peggiori nemici di ogni decisione. Il passato spaventa: si ha paura di soffrire ancora. Il futuro spaventa: si teme di non riuscire, di essere troppo vecchi, di rinunciare, facendo una scelta, a qualcos'altro di migliore, ma ancora ignoto.
Eh, sì. Ogni volta che si prende una decisione, si decide di dire di sì a qualcosa e no a qualcosa d'altro.
Bisogna accettarlo, altrimenti si vivrà nel limbo, come vivevo io fino a qualche settimana fa.
Se non si sceglie non si prosegue, se non si prosegue si resta fermi, e la vita, come diceva Luigi, è un flusso continuo che non si può fermare, pena la morte. Morte dell'anima.

Io ho scelto di scrivere, e me ne assumo il rischio. Percorro questa strada a testa alta, aperta e ricettiva, pronta ad affrontare tutto ciò che mi si parerà davanti, pronta a sostenere il mio desiderio, con volontà.

"Quando desideriamo qualcosa con volontà, tutto l'Universo cospira affinché realizziamo il nostro desiderio, perché quello rappresenta la nostra missione sulla Terra."

Adesso la smetto di citare l'Alchimista, giuro.

E insomma.
Vi tengo aggiornati, cocchi.

giovedì 5 luglio 2018

Perché mai un re parla con un pastore?

"Per varie ragioni. Ma diciamo che la più importante è che tu sei stato capace di realizzare la tua Leggenda Personale."
Il ragazzo non sapeva neppure che cosa fosse la Leggenda Personale.
"E' quello che hai sempre desiderato fare. Tutti, all'inizio della gioventù, sanno qual è la propria Leggenda Personale. In quel periodo della vita tutto è chiaro, tutto è possibile, e gli uomini non hanno paura di sognare e di desiderare tutto quello che vorrebbero veder fare nella vita. Ma poi, a mano a mano che il tempo passa, una misteriosa forza comincia a tentare di dimostrare come sia impossibile realizzare la Leggenda Personale."
[...]
"Perché parlate di queste cose proprio con me?"
"Perché tu cerchi di vivere la tua Leggenda Personale. E stai per cedere."

L'Alchimista, di Paulo Coelho è un libro da leggere, di quando in quando.
E' un libro magico, per me.
Un libro che, in passato, mi ha resa capace di vedere.
Un libro che, oggi, mi fa riflettere su ciò che è stato. E su ciò che è.
I libri giusti - a me succede di continuo - ti capitano in mano per caso, proprio al  momento giusto, proprio quando le parole che contengono ti servono in qualche modo per comprendere qualcosa.
Oggi sto rileggendo L'Alchimista con mio fratello.
La sua professoressa ha assegnato tre libri da leggere per l'estate (con stesura di relativa relazione) e lui, che odia leggere, ha chiesto a me di sceglierli (corti, più corti possibile). Così io ho scelto. Inizialmente avevo pensato a Branchie, di Ammaniti. Un po' perché è stato il primo libro "da grandi", che mi è arrivato in mano quando grande non ero per niente. Un po' perché mi sarebbe piaciuto farmi raccontare da mio fratello la faccia della professoressa (che io amo tantissimo, come no) nel raccontarle la scena in cui l'orrendo Subotnik fa sfoggio del suo enorme pene di metallo...
Poi però mio fratello l'ha iniziato e ha detto che non ci capiva niente e quindi i tre fortunati, al momento, sono:
Eduardo Mendoza, Nessuna notizia di Gurb; Daniel Pennac, Signori Bambini; e l'Alchimista.
Mi fa specie pensare che, forse, la scelta che ho fatto ha una motivazione valida non solo per me, ma anche per lui. Questi libri dovevano arrivargli adesso, all'alba dei suoi sedici anni. Chissà.

-Perché sorridi mentre leggi?
-Perché ho appena capito una cosa.

"[...] Realizzare la propria Leggenda Personale è il solo dovere degli uomini. Tutto è una sola cosa. E quando tu desideri qualcosa, tutto l'universo cospira affinché tu realizzi il tuo desiderio."

Oggi sto lavorando per realizzare il mio desiderio. Oggi non mi importa niente di quello che pensa la gente dei pastori e dei venditori di fiocchi di mais. Oggi non mi importa niente di quello che pensa la gente di me.

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