mercoledì 30 maggio 2018

Illusione

Tra le tante cose, sto leggendo un libro che analizza il fenomeno dell'illusione della conoscenza.
In pratica noi siamo convinti di sapere un sacco di cose, ma in realtà abbiamo una conoscenza molto approssimativa anche rispetto argomenti di cui ci crediamo grandi esperti. Questo perché, citando gli autori, "c'è troppa conoscenza lì fuori" e il nostro cervello, da solo, non è in grado di immagazzinarla tutta. Si parla allora di "conoscenza collettiva", qualcosa di cui ci si rende conto solo a metà.
Io conosco pezzi di cose, tu conosci altri pezzi di cose e insieme noi, forse, riusciamo a incastrare tutto e a sentirci dei geni.
Figo, no?

Riflettevo.
Uno dei miei innumerevoli problemi è di voler sapere sempre tutto.
Sì, lo so. Sono fastidiosa.
Ma è la realtà dei fatti. Io non sopporto di non sapere. Ogni volta che mi ritrovo faccia a faccia con qualcosa che non so, mentalmente lo annoto nella lista delle cose da studiare ASSOLUTAMENTE e questo mi renderà pazza, un giorno. Io lo so. E adesso me l'ha detto pure uno scienziato, che diventerò pazza. Quindi ne sono ancora più sicura.
Forse leggere questo libro mi aiuterà a smetterla.

Riflettevo.
Ieri ho aperto un foglio word, l'ho intitolato "cosa vuoi?" e ho iniziato a scrivere. Ne è venuto fuori che io voglio ben SETTE cose e tutte molto difficili da realizzare. Alcune sfiorano l'impossibile, oserei dire. Certo, a meno che io non voglia invecchiare in un'aula universitaria.

-Cosa c'è in quella teca, Priscilla?
-Ah, niente. La muffa che ha fatto una certa Ade mentre si fumava i suoi ultimi anni di gioventù qui dentro.

Belle cose.
Alla fine la mia illusione di conoscenza è stata tale che credevo davvero d'essermi capita quando in realtà non avevo capito affatto. E, quando sei arrogantella e supponentella come me, capire di non aver capito è uno schiaffo in faccia mentre stai ancora dormendo.

Rifletto.
La verità è che bisognerebbe vivere qui e ora.
Domani non esiste.
O per lo meno, esisterà quando domani sarà oggi, qui e ora.
Ma non è così semplice, nèvvero?

Questo post è stato originariamente scritto su Swanza blog, da Ade. E' possibile copiarlo parzialmente o interamente e modificarlo, basta che il post originale venga linkato


martedì 15 maggio 2018

Sono le dieci del mattino

E i programmi per questa mia fantastica giornata attualmente sono:
-scrivere questo post
-leggere l'articolo di copertina di Internazionale
-andare in palestra a sfondarmi di braccia e addominali (e, forse, avventurarmi per la prima volta verso il corso di PILOXING; non chiedetemi cosa cazzo sia perché non ne ho idea. Diciamo che, sulla base delle mie conoscenze palestritive, posso supporre che si tratti di un mix tra Pilates e Boxe. Però diciamo anche che non ho idea di cosa sia Pilates, quindi le mie supposizioni sono pressoché inutili. Vi saprò dire.)
-nutrire il cervello di un dodicenne per un paio d'ore
-nutrire il cervello di un quindicenne per un paio d'ore
-passare l'aspirapolvere
E poi credo di poter affermare che, a quel punto, la giornata starà volgendo al termine ed io potrò infilarmi nuovamente sotto le coperte, afferrare il best-seller di turno e dirmi che sì, anche oggi non ho pensato a cosa voglio fare della mia vita.
Che peccato.
Non ne ho avuto il tempo, si capisce no?
A volte mi domando perché il mio telefono mi comunichi di continuo che tempo fa, quanti gradi ci sono e tra quanto passa l'autobus sotto casa. Cerca per caso di lanciarmi qualche messaggio subliminale? Vuole per caso che io faccia qualcosa?
Non so.
Settimana scorsa ho fatto un colloquio di lavoro.


e qui tocca fare un preludio

Nell'ultimo post in cui vi ho parlato dei cazzi miei (sì, lo so che non lo faccio spesso e che il più delle volte i miei post sono un flusso di coscienza depressincazzata di cui voi non capite assolutamente niente), avevo accennato al fatto di avere tre lavori. Beh, sintetizziamo il tutto dicendo che uno dei due lavori l'ho piantato perché me ne si stava concretizzando un altro (il secondo) che poi alla fine non si è concretizzato e quindi mi è rimasto il terzo (che però non è sufficiente a pagarmi l'affitto). La cosa negativa è che ho pianto per cinque minuti sentendomi una fallita. La cosa positiva è che ho smesso di fumare perché io "i soldi a quelli lì non ce li do più". Che è un ragionamento da cinquenne ma la cosa non mi tocca anzi posso dire che me ne compiaccio perché i cinquenni sono meglio dei trentenni e comunque fumare fa male, ecco. Quindi, in pratica, sono di nuovo alla ricerca di un lavoro. Anche se, a dirla tutta, non mi sto particolarmente impegnando perché non sono affatto sicura di voler trovare un lavoro. E non sono nemmeno sicura di voler fare l'Università (però sono andata a informarmi). Non sono sicura di voler creare un blog serio -senza offesa per il mio swanza- e dedicarmi completamente a quello che una volta, ne sono sicura, era il mio sogno. Non sono sicura di rimettermi in gioco con la musica. Non sono sicura di voler piantare tutto e andare a cercare me stessa in un altro posto, lontano da qui.

preludio's end

E quindi niente, ho fatto 'sto colloquio. Ed è vero che l'ho fatto proprio alla cazzo di cane, eh. Volevo boicottarmi da sola, pare. Non mi sono preparata per niente, non sono nemmeno andata a vedere che cazzo facessero in 'sta azienda, niente. Mi sono presentata lì senza nemmeno un filo di trucco dicendomi che vaffanculo ho passato gli ultimi mesi a preoccuparmi di come apparire, di sembrare figa e al passo coi tempi perché il-cazzo-di-mondo-reale-chiede-questo, di frequentare i posti giusti, sistemare i capelli nel modo giusto, pubblicare le foto giuste ed essere giustagiustagiusta e quindi oh, se mi volete in questa azienda che fa non-so-cosa-e-me-ne-sbatto mi prendete così. E alla fine, ecco, mi fanno LA DOMANDA.

"Ma tu, se potessi scegliere, cosa vorresti fare?"

Allora, in primis, sticazzi. Il mio cervello ha fatto tipo "oh, ma sfigato. ma tu se potessi scegliere, dì un po', staresti qui di fronte a me con quel cazzo di gilet grigio-topo e la riga di lato a farmi 'sta domanda del cazzo, oppure te ne staresti beato su una spiaggia, con in mano una birra ghiacciata e nessun fottuto pensiero in testa?". Sticazzi l'ho già detto?
Poi credo di aver aperto la bocca per far entrare un moschino che, l'avevo visto, stava proprio cercando un posto caldo e umido dove passare la notte e aver fatto "beeeeh". No, non stavo imitando il verso di un ovino. Cercavo di prendere qualche secondo per elaborare una risposta plausibile e alla fine mi è uscito qualcosa tipo "valorizzare le mie competenze, imparare, crescere professionalmente"... ARIA FRITTA.
Perché alla fine, io, cosa voglio fare NON LO SO PERDIO.
A me piacciono un sacco di cose e sono brava in un sacco di cose ma non chiedetemi che lavoro io voglia fare perché non lo so.
E forse è proprio questo il problema. Anzi, uno dei problemi, non minimizziamo.
E quali sono 'sti problemi? Vediamoli insieme, che oggi non so che mi è preso, le dita vanno da sole.

Problema 1) Io so benissimo cosa non voglio fare e vagamente cosa mi piacerebbe fare. E quello che mi piacerebbe fare NON è una cosa sola (tipo voglio fare l'avvocato, il veterinario, l'onicotecnica), giusto per aggiungere un capitolo alla saga idee-chiare-mai-eh?. Mi piacerebbe fare UN SACCO di cose, questa è la verità. O almeno credo, perché non è che io le abbia provate tutte per potermi permettere di dire che mi piacerebbero. Voglio dire, bisogna provare nella vita, no? Cioè, volete dirmi che non capita mai a nessuno di dire "voglio fare l'avvocato", studiare millemila anni per poi scoprire che fare l'avvocato gli fa cagare? Quindi io posso solo dire, a spanne, cosa credo che mi potrebbe piacere. Poi, boh. Fatemi provare.

Problema 1bis) Se non hai le idee chiare, non sai stare al mondo. Se non hai un obiettivo (uno e uno soltanto) da perseguire, non sarai mai nessuno. Se preferiresti sperimentare, viaggiare, scoprire, vivere con poco invece che elaborare un business plan della tua vita, finalizzato al profitto sempre crescente, sei una sega.

Problema 2) Mi ruga tantissimo che la vita delle persone debba essere basata (e giudicata) al novanta percento sul lavoro che fanno. Cioè, quando incontri una persona è come ti chiami, quanti anni hai, di dove sei, CHE LAVORO FAI. E nella maggior parte dei casi se il lavoro non è giudicato interessante la conversazione si conclude lì. Ma cristo. Io non sono il mio lavoro. Io sono una persona, ho degli interessi, dei talenti, magari sono anche simpatica ma se non ho un lavoro interessante, morta lì. Next one.

Problema 2bis) La seconda cosa su cui si basano i giudizi e i conseguenti rapporti con le persone sono gli studi fatti. Ok, non hai un lavoro interessante? Beh, però studi, no? Stai facendo il quinto-master-and-commander-dottorato-ricerca-di-sto-cazzo, giusto? Ah, no? Ok, next one.

Problema 3) Se non sei estroverso, non sei nessuno. Puoi essere falso, ipocrita, malvagio però, ehi, ma quanto sai essere brillante in mezzo a un gruppo di persone? Poco importa che tu non stia assolutamente ascoltando cosa dice il tuo interlocutore, se sai fare le domande giuste al momento giusto, le battute giuste al momento giusto, è fatta. Tu sei il top. Sei introverso? Non ami parlare giusto per far prendere aria alle tonsille? Preferisci conoscere meno persone ma in modo più approfondito? Non ami intrometterti nei discorsi degli altri solo per dimostrare di aver qualcosa da dire? Preferisci evitare le chiacchiere inutili? Beh, ma cazzo. Impara a stare al mondo, no? O altrimenti rifugiati in qualche borgo di montagna in mezzo ai vecchi e parla con le mucche.

Problema 4) Io non so più se le mie scelte sono state e sono ancora guidate da quello che realmente voglio io oppure se sono tutte frutto del mio bisogno di riscatto. E' triste, non trovate? Io non so se voglio veramente fare l'Università oppure se voglio farla solo per dimostrare al mondo che gnegne, l'avreste detto voi? Io, cresciuta in periferia, con due genitori diciamo "maldestri", ai margini della società, tra quelli che la scuola ama "scremare" per non doversene occupare, laureata? E magari col massimo dei voti? NOMADICOAVETEVISTO? E perché adesso non fate tutti un simpatico suca-suca? E la stessa cosa si applica al resto: perché voglio un bel lavoro? Perché penso di fare questo quello e quell'altro? Mi piace? Voglio ottenere dei risultati che mi daranno soddisfazione? Oppure voglio solo riscattarmi e dimostrare a tutti che non sono una fallita ignorante?

Problema 5) La paura del tempo che scorre. Sì, perché io sto sempre a pensare al dopo. Ok, mi iscrivo all'Università, e poi? Cioè, se mi iscrivo adesso vuol dire che, se va bene, mi laureo a 36 anni. E il resto della vita? E se poi voglio un figlio? No, perché, mica posso fare un figlio se sono troppo vecchia, poi. Poco importa che io adesso un figlio non lo vorrei manco se mi bussasse alla porta una cicogna e mi dicesse "ehi, solo per te oggi c'è un'offerta speciale, ti lascio due poppanti al prezzo di uno e ti evito anche di tirare giù santi e madonne per nove mesi: pensaci, niente pancia esplosiva, niente mal di schiena, nausee, piedi gonfi, vagina che si allarga... solo un paio di neonati freschi freschi e già lavati, con i tuoi geni, eh? Chiaro.". E se poi non mi piace? E se mi nego cose belle per studiare e poi non mi serve a un cazzo? E se sticazzi?

Problema 6) Io non ho mamma e papà che finanziano le mie cazzate. Le mie cazzate, signori, sono ufficialmente autofinanziate. 

Sono le undici e mezza e la mia conclusione è che probabilmente andrò in terapia. L'alternativa è che io mi dia alle droghe pesanti nella speranza di lobotomizzarmi il cervello e smetterla di pensare a quale cazzo sia lo scopo della mia vita. Cosasonoquiafarecosasonoquiafarecosasonoquiafare. Mi sembra di essermi rimbecillita. Ma un po' di sana ignoranza, no? Menefreghismo e superficialità? No, non è fattibile. Ho scoperchiato il vaso di Pandora ormai troppo tempo fa. Non c'è più tempo per ritrattare. Non si torna indietro. Vivere come penso di voler vivere io è davvero un macello, lasciatemelo dire. Non fai in tempo a connetterti con te stesso che, boom, cambia qualcosa. Ed io devo avere qualche seria difficoltà. Forse mi odio. Lo penso perché ogni volta che vado a yoga e l'istruttrice dice "ok, adesso sentitevi", piango.
Se sentirmi mi fa questo effetto forse non è proprio un buon segno.

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lunedì 14 maggio 2018

La verità è che non ti piaci abbastanza

Perché amarsi è un'altra cosa.
Amarsi è non farsi del male e tu di male te ne fai eccome.
Amarsi è, cosa?
Ma che ne sai tu, poi?
Cosa sentenzi a fare tu, poi?
Non giudicare se non vuoi essere giudicata.
E, datti pace, perché anche quando avrai smesso di giudicare tu, gli altri continueranno a farlo.
Ma è possibile, poi, non giudicare?
No, non lo è.
Basta con 'ste stronzate.
Si giudica non appena si posa lo sguardo.
Non è forse così?
La verità è che non ti piaci abbastanza e non ti ami abbastanza da non lasciarti scalfire dai giudizi.
Non ti sei difesa e non ti difendi perché temi che il mondo abbia ragione, sei in torto tu.
Tu che non ti amalgami, tu che mostri i tuoi strati, tu che non mostri niente.
Tu che non ridi quando gli altri ridono.
Tu che stai in silenzio quando gli altri urlano.
Tu che ti guardi dentro e non smetti di farlo solo perché hai paura del mare di merda che ci trovi.
Anzi ti ci immergi, in quella merda.
La ingoi, pure.
Perché lo sai che è così che deve andare.
E la verità fa paura.

La verità è che non ti piaci abbastanza, sì. E nemmeno ti conosci abbastanza, poi.
Ti sei persa di nuovo, forse?
Forse.
La verità è che non scrivo più, non canto più, non so dove sto andando, continuo a girarmi di qua e di là, quale uscita prendo? Non lo so più, ho perso i miei sogni, scivolano via dalle dita, divento vecchia e non divento grande, o forse sono grande e non me ne accorgo perché non so niente di niente, sono inutile, io.
Io io io, ma chi sono io? E perché ho smesso di cercarmi?
Credevo d'essermi trovata, io.
Ma sono rimasta con un pugno pieno di sabbia e lo sguardo incredulo.
Ma che davvero è successo a me?
Davvero ho preso un abbaglio così GRANDE?
Mi sono seduta sul ciglio della strada, impotente, a gambe incrociate, il muso imbronciato.
Le macchine passavano e, con le ruote, mi schizzavano roba addosso.
Sassetti, acqua e fango.
Ma io lì, impassibile.
Mesi e mesi dopo, metà corpo è inglobato nel cemento.
E adesso? Dì un po', genio, che pensi di fare?
Penso alle mie dita dei piedi e vorrei solo sgranchirle, ma non le sento più.
La rabbia ti salverà, chiamala.
No, è stata lei ad intrappolarmi qui. Lei non è affidabile, non lo è mai stata e mai lo sarà.
Fa solo ciò che le gira per la mente. A volte mi ha aiutato, è vero, ma altre volte mi ha distrutto
Ed io, con pazienza, ho dovuto rimettere insieme i pezzi.
Svegliati.
Esci.
Sorridi.
Ti prego.

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