martedì 20 dicembre 2016

Nonostante ormai

Io tutto mi senta, fuorché una blogger, non mi sono ancora decisa ad abbandonare definitivamente questo posto. Credo che, in qualche modo, il saperlo qui mi dia una specie di sicurezza mentale.
Forse dovrebbero internarmi, ma questa è un'altra storia.
Insomma.
Vorrei raccontarvi qualcosa di me, giacché l'Ade che conoscevate un tempo adesso è un'Ade diversa, diciamo un'Ade in transito, o qualcosa di simile.
Ma è piuttosto difficile cominciare a parlare di sé con degli sconosciuti, anzi forse lo è ancora di più iniziare a parlare di sé con qualcuno che ora ci è sconosciuto, ma prima non lo era affatto.
Non so se mi spiego.
Ogni volta che passo di qui mi sento un po' come se entrassi in una stanza che una volta è stata la mia stanza, alle pareti ci sono attaccati tutti i poster che una volta erano i miei poster, nei cassetti vestiti che una volta erano i miei vestiti e, entrandoci, mi sentissi come in luogo mio ma non mio. Mio alla lontana, diciamo.
Ciaone, proprio.
E non mi sono ancora fatta la canna della buonanotte.
Comunque.
Sono qui, seduta alla mia scrivania. Ho tracannato un bicchiere di rosso, mangiato una sgradevole pasta di grano saraceno (no perché, cioè. visto che la sera torni a casa ed è tardi, non vorrai mica mangiare la pasta normale che poi ti vai a coricare e figa fai ciao agli zuccheri nel sangue, ciaoooo. questa è più o meno la spiegazione razionale che mi do quando faccio le cagate e poi voglio convincermi che, alla fine dai, un motivo serio e ragionevole c'era, no?), dell'ottimo tofu con peperoni e capperi, i miei gatti ronfano allegramente sul divano, la lavatrice fa la centrifuga echissenefrega. Tutto questo per dire che, a vedermi così, potrei pure sembrare la solita, cara, vecchia Ade. Gattara, vegetariana, pantofolaia, alcolizzata e con un principio di deficienza congenita. L'ultima l'ho aggiunta perché mi garbava di scrivere "congenita" e comunque questo è ancora il mio cazzo di blog e ci posso scrivere il cazzo che mi pare.
Per giunta, Paco ha appena deciso di interrompere il suo sonno perenne per venire sulle mie gambe a rompere i coglioni.
E niente.
Sapete, di cose qui ne succedono parecchie.
Per esempio, io sono al mio terzo e ormai (spero) ultimo anno di superiori. In camera mia, in cima a una pila di circa venti o venticinque libri da leggere, ce n'è uno sulla cui copertina spicca una roba che fa tipo "guida alle università", o giù di lì.
Poco importa che io abbia quasi trent'anni, mi sento quasi grande. Mi sento quasi all'ennesima svolta della mia vita. Mi sento quasi che ancora non ho capito un cazzo però ce la posso fare.
Mi sento bene, alla fine.
Mi sento in continua competizione con me stessa.
Puoi fare di più, Ade. Lo sai.
C'è aria di cambiamenti, anche. Vestiti e scarpe vecchie da buttare, soppalchi da svuotare, valigie da riempire e poi disfare, amici da perdere, amici da accettare, microfoni da abbandonare, lunghi e dettagliati elenchi da compilare, mille e mille cose da imparare.
Ho un cervello che è una macchina da guerra e mica lo sapevo, prima. Mica ne ero cosciente, prima.
Penso che se mi mettessi a scrivere una lista delle cose che prima non sapevo e adesso so potrei scriverci un post così lungo da riempire un blog intero che, a un certo punto, il capo supremo dei blog mi telefonerebbe e, con fare intimidatorio, mi direbbe oh ciccia hai finito o no.
Sì, ho finito.
Non ho più un cazzo da dire e lo dico come cazzo mi pare, che non ho più un cazzo da dire. Perché questo è o non è ancora il mio cazzo di blog, sì?

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martedì 23 agosto 2016

Tutti insieme!

Solo en tu boca, yo quiero acabar
Todos esos besos que te quiero dar
A mí no me importa que duermas con el
Porque se que sueñas con poderme ver
Mujer que vas a hacer
Decídete pa' ver
Si te quedas o te vas
Si no, no me busques más
Si te vaaaas, yo también me vooooy
Si me daaaaas, yo también te dooooy
Mi amorrrr
Bailamos hasta la diez
Hasta que duelan los pies
Con el te duele el corazón
Y conmigo te duelen los pieeees
Con el te duele el corazón
Y conmigo te duelen los pieeees
Solo con un beso yo te haría acabar...
Ese sufrimiento que te hace llorar...
Sì, ho finito.
È che avevo bisogno di fare un attimo la cazzona, seicento anni di storia in un giorno e mezzo danneggiano.
Chevvedevodì.
Ps
Tanto lo so che avete cantato anche voi.
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venerdì 19 agosto 2016

Bicycle or die

Enniente.
La vostra Ade è qui, miei cari.
Anche se si fa vedere molto poco, lei c'è.
Non dubitatene. Non fatelo mai.
Nemmeno quando sarete colti dalla più totale disperazione dovuta, chessò, alla perdita di un Pokemon.
Nemmeno quando, ascoltando Raphael Gualazzi, penserete "mm, niente male".
Nemmeno quando andrete in sciolta dopo l'impepata di cozze.
Lei sarà lì con voi, miei cari. Ade c'è. Sempre.
Dette le mie cazzate, passiamo al reale motivo per cui sono qui, quest'oggi.
Mi mancavate un ssssaccccooooo.
No, cazzata.
La verità è che non ho nessuna voglia di mettermi a studiare discipline turistiche.
Molto meno romantico, vero?
Oh vabbè, cazzo vi aspettavate. Se volete del romanticismo andate a cercarlo da un'altra parte.
Tipo nei vostri sogni.
Ok, ho finito.
Dovete sapere, miei allegre marmotte, che la vostra eroina sta passando l'Agosto in quel di Milano, a lavorare e a studiare assai.
Questo perché lei ODIA, ma che dico, DETESTA proprio andare in vacanza.
No, cazzata.
La verità è che sono squattrinata e ho un esame a Settembre per il quale sarei più che preparata se non fosse che durante l'anno non ho studiato una sega.
Dunque eccomi qui, a fissare il programma di studio su excel piangendo a cercare di recuperare dieci materie in un mese.
Quando la sera arrivo a casa sono talmente stanca che non ho nemmeno più bisogno di drogarmi per dormire, e ho detto tutto.
Ma passiamo alle cose importanti.
Dovete sapere, mie gioiose cavallette di montagna, che la vostra eroina, da alcuni mesi a questa parte, si è trasformata in un'agguerrita bicycler.
Sì, automobilisti milanesi che mi state leggendo, potete iniziare ad odiarmi a tremare.
Perché io sono il prototipo esatto del ciclista pazzo che brucia i semafori rossi, si lancia in pittoreschi slalom tra le auto in coda, salta su e giù dai marciapiedi e sfreccia davanti ai tram.
Da quando la storia d'amore tra me e il mio bolide è iniziata, non sono più la stessa persona.
Sono perennemente in pantaloncini, ho i capelli sempre più corti, due cosce di marmo e inizio a conoscere e apprezzare zone della mia città che prima manco per il cazzo.
Per non parlare della totale indipendenza dalla mia nemesi: i mezzi pubblici.
È bellissimo.
Però, ecco.
Siccome, mie anguste cimicette, la vostra adorata in queste settimane sta facendo orari assurdi e, se dovesse farsi anche 30 km al giorno, probabilmente diventerebbe una serial killer in tempo zero, ecco che scatta il piano B.
Caricare la bici sulla metropolitana.
AHITU! CHE AFFRONTO! CHE INCREDIBILE IMPRUDENZA!
No, voi non potete capire. Se non avete mai provato questa esperienza, dovete assolutamente rimediare.
È UNO SPASSO.
Gente che, quando sali, si ALZA e si SPOSTA, come se la bici potesse, chessò, farsi esplodere.
Gente che passa tutto il viaggio a guardare prima te, poi la bici, poi di nuovo te, poi ancora la bici e via così finché non scende e può finalmente VOMITARE nel primo cestino per la spazzatura che incontra.
Gente che, se devi scendere, ti ostacola volutamente il passaggio perché CAZZO FAI PORTI LA BICI SULLA METRO, FIGA (questa immaginatevela detta con l'accento giusto, figa).
Insomma, i milanesi sono estremamente turbati dalla presenza della mia bici sulla metropolitana.
Ed io, chiaramente, mi diverto un sacco.
Detto questo, miei amati fagiani rosa, mi metterò a studiare.
Altrimenti stasera il mio fidanzato mi fa un culo così.
Ops, non vi avevo detto del mio fidanzato? Oh, che terribile mancanza!
Che, siete curiosi, per caso?
MUAHAHAHAHAHAH.
Ok, ho finito.
Tanto lo so che siete in spiaggia e non ve ne frega un cazzo.

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martedì 9 agosto 2016

Ho il fango sulle scarpe

E sono felice.
Ade non è più nascosta tra le pagine distratte di un blog qualunque.
Ade è fuori, nel mondo.

È questa cosa bellissima e spaventosa e corroborante, la libertà?

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venerdì 10 giugno 2016

Trovare l'equilibrio.

E mantenerlo, solo per un attimo.
La felicità non è una linea retta, ma una sequenza discontinua di curve.
Mi chiedo se sia possibile accorgersi di aver raggiunto il punto di rottura, quel luogo in cui, una volta finiti col culo per terra, si decide che, boh, vita fai il cazzo che ti pare, che qui ci siamo belli che rotti.
Il tizio seduto di fronte a me ha una fede al dito, dei peli di gatto sul ginocchio sinistro, porta i baffetti e una camicia azzurra che, tirandosi, si apre sulla pancia, mostrando l'ombelico.

Sei felice, tizio? Lo sei stato e ora non lo sei più? Vivi o trascini la vita?

È difficile stare in una realtà in cui tutto ti appare come una menzogna. È difficile tenere gli occhi aperti mentre mi sussurri ciao ed io vorrei solo chiederti di non andare.
Ma non lo faccio, no.
Perché ho deciso di lanciarmi di nuovo nell'oblio. Domani per me non ha nessun significato.
Oggi sono qui. Sono viva, forte, pronta.
Ti ho strappato quelle chiavi dalle mani e le ho messe al sicuro.
Questo mi ricorda qualcosa.
Mai, sempre. Due parole che non hanno senso in sé, possono averlo solo se decorate da mille, complicatissime formule incomprensibili.
E tu non ci capisci un cazzo ma non lo vuoi dire.
Io invece lo dico, che non ci capisco un cazzo.
Tanto sai poi a me che me ne frega.
La signora che scende dal bus insieme a me ha i capelli arancioni e porta gli occhiali. Indossa una camicia rossa e trascina un carrellino altrettanto rosso, di quelli per la spesa. Va nella direzione opposta alla mia e, quando ci incrociamo, la sento domandare al vento se anche lui abbia ricevuto la lettera per i contatori del gas.

Sei felice, signora? Lo sei stata e poi non lo sei stata più? Riesci a rendertene conto, adesso?

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sabato 4 giugno 2016

Quel che mi si chiede di fare, qui, ora, è scegliere.

È una cosa in cui non sono mai stata brava.
Ho imparato, sto ancora imparando a farlo. Perché a un certo punto o sei in grado di scegliere per te, o saranno gli altri a farlo. O forse non lo farà nessuno.
E ti ritroverai sola, seduta sul pavimento del bagno, a piangere abbracciandoti le gambe, perché non sai dove andare.
Sono una persona dai sentimenti irrazionali, questo lo so.
Mi sono innamorata di te quel giorno in cui, sdraiati sul mio letto, abbiamo aperto un libro e ci siamo immersi in lui per ore.
Avrei voluto fermare il tempo.
Non ti conoscevo affatto.
Eppure dentro di me una voce mi diceva “è lui”.
Sono passati mesi, da quel giorno.
Nove, per la precisione.
E quella voce non se n’è andata mai. Non ancora.
Forse non lo farà. Forse se ne andrà domani.
Ed io sono qui, ora, sola. Seduta di fronte alle uniche due strade che mi appaiono possibili.
Entrambe mi vogliono forte di una forza che non sono sicura di avere.
Dirti addio, adesso.
Trovare il modo di andare avanti sapendo che non ci sei più. Che non sarai tu. Che non lo sei e non lo sei mai stato.
Oppure restare, accettando il rischio.
Restare, sapendo che i tuoi dubbi e le tue paure potrebbero, presto o tardi, allontanarti da me.
Ed io dovrò essere in grado di lasciarti andare.
Restare, provando a nascondere a me stessa quello che provo, celando da qualche parte nel mio universo quella sensazione che mi spinge a vederti nella mia vita a prescindere da tutto.
Restare, amandoti in silenzio, sapendo di non essere amata e chiedendomi se, chissà, forse oggi, domani, un giorno, per te sarà cambiato qualcosa.
Ho dato un pugno alla porta e un livido sul mignolo mi ricorda che sono viva.
E lo sarò sempre, nonostante te. Nonostante noi, che ci siamo, ma forse non ci saremo mai.


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domenica 22 maggio 2016

Niente urta la mia sensibilità di stomaco

Quanto un nuovo singolo dei Tiromancino.

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martedì 29 marzo 2016

Una settimana e un giorno

Ci sono sere, come questa, in cui giro per casa come una persona vagamente disturbata.
Mi ritrovo a pensare ossessivamente a tutto quello che cambierei, a tutto quello che butterei fuori dalla mia vita.

Senso di oppressione compreso.

E mi domando quali bisogni mi abbiano spinta, in quel passato nemmeno così tanto remoto, a circondarmi di cose, a riempire i miei vuoti di oggetti per i quali, a pensarci oggi, non riesco a trovare un briciolo di valore. Ma che, questo lo ricordo perfettamente, tempo fa mi facevano sentire bene.

Mi facevano sentire al sicuro.

Ora, invece, non li vedo che come intrusi. Usurpatori di spazio che potrebbe essere diversamente riempito.

O non essere riempito affatto.

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martedì 22 marzo 2016

Dubbi rilevanti #2

Ma la gente che ti scrive un messaggio e poi lancia il cellulare nell'etere, esattamente, di che tipo di droghe sintetiche si fa?


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lunedì 21 marzo 2016

Valutazioni rilevanti #1

E niente. Questa mattina mi sono svegliata e mi sono resa conto di sentirmi (occhio perché questa è bella eh?) BENE.
Tant'è che, addirittura, il mio cervello ha iniziato ad elaborare pensieri POSITIVI (cof cof cof, scusate giuro che ho messo la mano davanti) e la cosa mi è parsa così ASSURDA che ho deciso di cogliere la palla al balzo, ma che dico, di prendere due piccioni con una fava o, ancor meglio, di battere il ferro finché è caldo, di approfittare della botte piena ma soprattutto della moglie ubriaca, di... 
Sì, ho finito.
Stavo dicendo?
Ah, sì. I pensieri positivi.
Scusate, mi sono lasciata distrarre dal tipo carino seduto di fronte a me in metropolitana. E un po' anche dal bambino che si sta lamentando facendo versi che, se chiudi gli occhi, ti domandi se per caso qualcuno non stia guardando un porno.
Ma forse sono io che ho un problema con la mia immaginazione.
Dunque, dicevamo.
Questa mattina, dopo aver fatto step, addominali, flessioni (no, non ho ASSOLUTAMENTE rabbia repressa da sfogare, non capisco come possiate anche solo pensarlo), colazione, cambiato la sabbia ai gatti e fatto il bidet, ho preso un'importantissima decisione che cambierà le nostre vite, gente.
E voi, miscredenti, che avete smesso di avere fede in me!
È proprio vero che non c'è più religione, cazzo (davvero pensavate che non avrei messo NEANCHE UNA PAROLACCIA in questo post? Maddaaaaaai).
Comunque.
Rullo di tamburi.
Folla eccitata che fa "oooooooooooh".
Gruppo di fanatici della curva sud che fa "noi non siamo na po le tani!".
Alessia Marcuzzi che fa "il concorrente - pausa di un minuto e quaranta secondi - che - pausa di due minuti - questa sera - pausa di un minuto e dieci secondi più svenimento di un partecipante a caso - lascerà - sì, lo so che vi siete rotti i coglioni, anch'io se devo dirla tutta ma questa frase è lunga ed io devo arrivare alla fine perché sia mai che lasci qualcosa a metà - la casa del Grande Fratello è...."
ADE!!!
Boato generale, bestemmie e urla d'indignazione, gente che lancia oggetti contundenti, ragazzine che si strappano gli sciatusci...
Dai dai, adesso la smetto sul serio.
Ho pensato, no?
Se io scrivessi un post ogni volta che mi viene voglia di fumare una sigaretta, forse questo luogo ormai abbandonato a se stesso (e ai miei momenti di depressione acuta) ricomincerebbe ad avere un senso e, magari, riuscirei anche a smettere di fumare.
Non vi sembra un pensiero super costruttivo da lunedì mattina positivo?
Cazzo c'è anche il sole, vi pare?
Poi, volete mettere che FIGATA sarebbe per voi se finalmente l'Ade riprendesse a raccontarvi raffiche di cazzi suoi?!
Tanta roba, ragazzi. Tanta, tantissima roba.
Che non si dica che sono intelligente ma non mi applico, poi.

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domenica 20 marzo 2016

Dubbi rilevanti #1

Ma, esattamente, la gente che crea profili Facebook per i propri animali, che tipo di problemi ha?


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sabato 12 marzo 2016

Io che della vita non ho capito un cazzo.

E forse, forse mi sta bene così.
Ché ci sono cose che semplicemente non si possono capire. Si vivono, e niente più.

Io che mi innamoro dei colori, dei profumi, dei suoni, dei sogni.

Io che permetto alle mie insicurezze di trascinarmi giù, per poi arrampicarmi, con le unghie, con i denti, per ritornare su.

Io che ascolto e non dico niente. Io che sento più di quanto vorrei. Io che non parlo mai abbastanza. Io che ritengo di non essere mai abbastanza. Io che mi proteggo dal mondo. Io che mi proteggo da me.

Io che mi odio al punto che, potessi, sparirei. Io che, fanculo, voglio arrivare dove non sono arrivata mai.

Io che non so dove voglio andare ma so che, cascasse il mondo, ci andrò.

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giovedì 3 marzo 2016

E camminavo

Distratta dai pensieri.

Ci pensi mai a pensare ad una scusa per non pensare?

Guardavo ora le gocce di pioggia appoggiarsi sull'asfalto a formare tanti piccoli cerchi perfetti, ora i volti della gente che mi passava accanto.

Ci pensi mai a come sarebbe non essere te?

Mi voltai a guardare quella piazza tanto familiare, cercando in me un vago ricordo di chi ero ieri, di quello a cui pensavo ieri, di quello che credevo di volere, ieri.

Ti stai chiedendo come ci si sente a non cambiare mai, vero?

Tirai dritto perché quella stessa piazza che un tempo avevo vissuto e forse amato mi provocava un senso di nausea, di irritazione, di soffocamento.

Ci pensi mai a come saresti, lontana da qui?

Infilai le mani in tasca e, continuando a camminare, iniziai ad intonare una canzone che, con prepotenza, mi vibrava in testa.

You don't care a bit, you don't care a bit.

Mi resi conto di quanto il mio senso di appartenenza fosse pari o, chessò, anche inferiore allo zero.

Omologazione, questa sconosciuta.

Accelerai il passo e, senza smettere di cantare, immaginai.

Ci pensi mai a come sarebbe, invece di immaginare, vivere?

Sì.

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domenica 14 febbraio 2016

Ti ascolto in silenzio.

Ché non sono mai stata brava con le parole, io.
La mia testa è come il sacchettino delle lettere di Scarabeo.
Tutto mischiato, confuso, anarchico, lì dentro.
E non è che puoi tirare fuori lettere a caso e credere di riuscire a domarle, no.
Ci devi pensare, riflettere.

Scrivere e rileggere, rileggere, cambiare, rileggere ancora.

E sono sempre le cose più importanti, a fregarmi.
Quelle per cui ricerco ed esigo ancora la perfezione.
Quelle che, alla fine, decido di lasciar andare al silenzio, che domani è un altro giorno, domani chissà.

Magari domani non saranno più così importanti.

Magari stai solo celando pezzi di te. Agli altri, a te stessa, che importa. Tu nascondili bene, chiudi a chiave, ridici su.
Che con le minchiate, lo sai, sei davvero bravissima.

Va bene così, niente importa, nessuno importa, solo io.

I tuoi pensieri, sulla mia pelle, scottano.
Arrivano veloci, ci si appoggiano e lì restano, si aggrappano, mi invadono.

Mi fanno innamorare.

Ho paura, sai.
Ma la scaccio, fingendole indifferenza.
Paura di non essere abbastanza.
Paura di annoiarti.
Paura di lasciarti volare via.

Non riesco, non posso, non voglio smettere di guardarti.

Quando penso a te, a quello che di te conosco e a quello che penso tu sia, sorrido ma, qualche volta, invece, piango.

Non sei tu, mi hai detto una volta.

Forse non ho mai smesso di crederci.
Forse è che so che mai e poi mai ti vorrei diverso, nemmeno se quella diversità comprendesse me e tu, invece, no.

Ti guarderei fino a vederti sparire.

Siamo vicini e fa freddo. Tu parli ed io, come sempre, ti ascolto.
In silenzio.

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giovedì 28 gennaio 2016

E mi capita spesso

Di attraversare la strada senza guardare.
Forse sono un po' più svampita di quanto io creda.
Forse quel desiderio di lasciarmi morire che ha accompagnato la mia adolescenza e che credevo estinto in realtà si è solo sopito da qualche parte dentro di me.

Ed ero seduta al tavolo del salotto, al secondo bicchiere di vodka e alla quinta sigaretta dell'ennesima giornata in cui avevo promesso a me stessa che non avrei fumato più perché non è così che voglio essere, non è così che voglio che vada.
E invece eccomi lì, la testa ciondolante, i pensieri confusi, i piedi sulla sedia, il cappuccio in testa, la nausea imminente.

Se solo sapessimo accontentarci.

Dico alla donna che mi sta seduta di fronte, la più forte che voi potreste incontrare.

Mai.

Mi risponde lei.
Ed io so che ha ragione, che c'è stato un tempo in cui ero bravissima ad accontentarmi, la migliore del mio corso.

E così maledettamente infelice.

Vorrei risponderle e dirle che ho capito, che so cosa voglio e che so come ottenerlo, ma mi viene da vomitare e allora mi alzo e mi gira la testa e non posso far altro che buttarmi nel letto così come sono, senza levarmi il mascara dagli occhi, senza togliere dal mio viso la patina di questa giornata che mi ha impregnata di pensieri nefasti e allora mi avvolgo nella mia coperta morbida e vaffanculo tutto, vaffanculo tutti, vaffanculo io e vaffanculo pure tu.
La stanza è fredda e ho il respiro pesante.

Però adesso mi addormento, dai.

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martedì 19 gennaio 2016

Ade vs Fornitori #2

-Allora, qui mi metti un autografo... e qui invece il tuo numero di telefono.

-Perfetto. E, dimmi un po', la fede te la togli prima o dopo che io abbia finito di scrivere?

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martedì 5 gennaio 2016

Io che non so dire tante cose.

Ché credo ci siano cose che, a dirle, sarebbe un po' come sporcarle di realtà.
Loro partono, decise. Mi risalgono in gola e, prepotenti, spingono e forzano e urlano e imprecano e chiedono perché.

Perché non ci vuoi fuori da qui?

E non ho molte risposte per loro, no.
Non ne ho molte nemmeno per me.
Tutto quello che ho sono immagini. Forme nitide immerse nel caos.
A loro permetto tutto, anche quando fanno male, anche quando mi prendono per mano e mi portano verso quel punto di non ritorno.

Verso il parossismo.

E vedo occhi di cui ancora non so distinguere il colore, posarsi dentro ai miei. Come potrei imbrattarli di parole?
E vedo labbra dischiudersi sul mio viso, un respiro caldo mi accarezza la pelle, le mie dita scorrono su una schiena bianca, forte, perfetta. Come potrei rischiare di macchiarla, incastrandola in qualche definizione?
E vedo un sorriso pieno, vivo, vero, bellissimo, bambino. Di quelli che, quando ti si appoggiano addosso, sono capaci di prenderti, e portarti via. Potrei forse insozzarlo, osandogli renitenza, per correr dietro a qualche stupida, sudicia, insulsa parola?
E vedo te, la maglietta al contrario, l'espressione curiosa posata sul mondo, quel modo di fare e di essere così pienamente e dannatamente tu, senza inibizioni, senza preconcetti. Ti guardo camminare immerso nel vento, i pensieri liberi, le gambe lunghe, i capelli morbidi e ribelli, quella risata contagiosa, la tua mano che cerca la mia.

Sono confuso, la vita è confusa, lo sono anch'io.

Io che non so dire tante cose, le so scrivere, forse, ma non so tenerle, non voglio.
Io che non conosco tante, troppe cose, le capisco, forse, ma non so far altro che osservarle da lontano, respirarle quando il loro odore giunge fino a me, che sono distante, lo sono sempre, ma così vicina che se vuoi, lo sai, tu puoi riuscire a toccarmi.
Io che non so dire cosa voglio, ma so immaginarlo, forse, e immergermici e perdermici e crederci e.

Lo sai spiegare, l'amore? E, se ti allunghi, pensi di riuscire ad afferrarlo?

Io che, se apro gli occhi, vedo poco, e male.
Io che, se chiudo gli occhi, vedo te.

I want you so bad.


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