Sì. Ci sono cose che, quando siamo bambini,
non ci dicono. È naturale, ci proteggono, lo fanno per amore, lo fanno perché
non sono in grado di spiegare cose che per una mente innocente sarebbero
terribili, o semplicemente complicate. Io adoro i bambini. E amo i miei, di
bambini. I miei tre cuccioli innocenti. I miei splendidi fratellini. Loro sì,
che tirano fuori il meglio di me. Avevo 15 anni quando è nato il primo. E senza
di lui non andavo più da nessuna parte. Giravo per il quartiere fiera, con lui
nel passeggino che faceva le linguacce e rideva. Guai a chi me lo toccava.
Quante litigate, per difenderlo dai coglioni del Bronx. Che, per scalfire il
mio sguardo d'acciaio, tentavano il tutto e per tutto. Persino a spese di un
bambino, cazzo. Certe cose le ricordo come se fossero successe ieri. Io non
sapevo vederlo piangere. E, pensavo, per lui voglio il meglio. Voglio che abbia
tutto quello che un bambino deve avere. Voglio che non sia mai triste. Voglio
che la sua vita sia speciale. Ma, ovviamente, tutto questo non è possibile. Lui
cresce e così gli altri due. Io non sono più a casa e li vedo così poco che
quando sono con loro me li spupazzo tutti, fino alla nausea. Spesso mi sento in
colpa per non essere più lì. Accompagnarli a scuola, andarli a riprendere e
portarli al parco. In estate il gelato, i tiri al pallone, i cartoni animati, i
compiti insieme. Mancano, queste cose. E diventa difficile accettare che la
loro vita ora corre su un binario diverso dalla mia. Che le domande importanti
non le fanno più a me, ma alla mamma o al papà. Che non sono più lì per far
loro il bagnetto, che una volta volevano fare solo ed esclusivamente con me. Li
sento ancora gridare "No! Io il bagno con te non lo faccio! Voglio la
tata! Lei è più brava e mi fa ridere! Tu mi butti il sapone negli occhi!".
Non sono più lì per convincerli a mangiare le verdure, passando tutto il tempo
a raccontar loro come diventeranno forti e belli mangiando tante zucchine. Come
Superman, tata? Sì, amore, proprio come lui. Adesso posso solo correre dopo il
lavoro alle riunioni con le insegnanti e tentare di reprimere l'istinto omicida
quando le vedo dire al mio bambino che deve impegnarsi di più. E a lui scorron
giù lacrime sul viso. Si guarda i piedi ed io penso che vorrei prenderlo e
portarlo via di lì, dopo aver dato una testata a tutti. Posso scappar via dal
negozio un po’ prima e farmi quasi un'ora di strada per mettermi sul divano a
studiare storia per la verifica. Perché, dice mamma, lui studia solo con te. Ma
rimane, comunque, sempre poco questo tempo che ho per loro. Vorrei averne di
più, solo questo. Vorrei raccontare loro mille storie. Leggere libri insieme e
portarli in giro a vedere cose che non hanno visto mai. Per vedere i loro occhi
brillare come solo quelli di un bambino. E, ancora adesso nonostante i cinque
anni che son passati da quando non vivo più lì, ogni tanto lui mi guarda. E,
tutto serio, mi domanda. Tata, ma quando torni a vivere con noi? E a lui non
mento, no. Glielo spiego, ci provo. È dura ma, lo sai nano, da me tu avrai
sempre e solo verità.
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I tuoi fratelli sono troppo carini!
RispondiEliminaMa loro non vengono mai a trovarti?
Sei troppo una mamma, a me l'istinto materno non si è ancora risvegliato :D
E' vero. Anche se l'uovo è rimasto abbandonato a sè stesso non so bene dove..
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