giovedì 8 novembre 2012

Ci sei tu

Con i tuoi quindici anni. E quell'ingenuità sulle spalle. Tanto bella quanto pericolosa.
C'è lui. Con le sue mani su di te. Che ti dice scusa. Era da troppo tempo che volevo farlo. Ma tu non lo dici a nessuno, eh?
Ancora tu. Con la tua rabbia dentro. Che taci e tremi. Che ti domandi perché. E ti chiedi a quante altre ancora. A quante prima di te.
Poi c'è lei. Che smette di parlarti. Per quattro lunghi anni. Chissà lui cosa le avrà detto. Chissà cosa avrà tramato, per pararsi il culo. Dalle eventuali accuse di quella ragazzina instabile. Quella ragazzina a cui sorrideva. A cui diceva sono uno zio anche per te.
Ancora tu. Vorresti dimenticare. Parlarne a qualcuno. Ma non ci riesci. E mediti vendetta. Gli auguri ogni male. Ogni sofferenza. E ti chiedi lei cosa starà facendo, tutta sola.
Lui. Cosa ne avrà fatto, di lei?
Ecco. Lui. Il tempo passa. Lo vedi per la strada. Ti guarda trionfante. Pronuncia il tuo nome e sorride. Ammicca e ti squadra. Tu tiri dritto. Lo guardi con disprezzo. Vorresti sputare. Dare un calcio alla sua macchina. Tirarlo giù a forza e sbattergli la testa sul marciapiede. E invece passi. Fingendo indifferenza. Cosa che, negli anni, hai imparato a fare bene. E sai. Che lui non può più niente su di te. Anche se la ferita non è ancora chiusa.
Lei. Una telefonata. Una cena e due parole taglienti. Lei sa che tu sei forte. Sa che non tremi più.
Si ricomincia. Nulla è cambiato. O forse tutto. Ma lui non c'è. E a te non importa. Va bene così.
Ma ad un tratto, lui. Il corpo magro. Pallido. Gli occhi chiedono pietà. Domandano perdono. Qualcosa lo sta portando via. In un mondo sconosciuto. Un posto senza nome. E ad un tratto tutto l'odio passa in secondo piano. Non può che essere così. Ha fatto già abbastanza la vita. Per punirlo. Ma tu non riesci ad essere dispiaciuta. E nemmeno felice. Perché non si può essere felici, della morte. Non si può gioire, della malattia.
Lei. Lei lo ama. E tu ti chiedi se lo sa. Se lo ha sempre saputo. Se lui l'ha fatto anche con lei. La vedi immersa nelle sue foto. La vedi piangere. Non ci riesci, ad essere triste. Non puoi. Eri solo una bambina. E lui un uomo. E questa cosa non cambierà mai. Ma tu. Tu non hai più paura. Ma lei. Lei invece sì.


Questo post è stato originariamente scritto su Swanza blog, da Ade. E' possibile copiarlo parzialmente o interamente e modificarlo, basta che il post originale venga linkato 

9 commenti:

  1. è un pugno nello stomaco, questo post.
    Alex V

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  2. Porca puttana.
    Non entro nel merito perchè non credo di meritare tutto questo spazio, così parlo d'altro: tu devi scrivere un cazzo di romanzo, Ade.
    Perchè è cosa buona e giusta che tutti si accorgano di quanto sono potenti le tue parole.

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  3. Questo post è molto bello, ti prende e ti lascia un po' peggio.

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  4. un pugno nello stomaco, si.
    cazzo, fa male.

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  5. "Eri solo una bambina. E lui un uomo. E questa cosa non cambierà mai"

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  6. mi chiedo una cosa.
    se in quel giorno non sia nata una seconda Ade, che si è presa sulle spalle quanto accaduto per lasciare la bambina senza quella non colpa. per lasciarla vivere e crescere.
    L'Ade guerriero e l'Ade bambina.
    un giorno l'Ade bambina è cresciuta e si è fatta amare.
    e ha detto al guerriero sai che c'è? non servi più. che io non ho paura, non più.
    ma la spada del nonno, uscendo, lasciala lì. sul tavolo, grazie.
    e lei dentro si chiede se è la stessa che sarebbe stata se non.

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  7. Che non si può gioire per certi avvenire ma nemmeno soffrirne in questi casi...

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Grazie per aver fatto finta di non avere niente di meglio da fare che commentare il mio post... vi lovvo

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