venerdì 28 giugno 2013

Quando scrivo

Poi rileggo più volte, in modi diversi. Non so perché l'ho scritto, ma tant'è.
Sono in mezzo a una partita di mikado, questo mi viene in mente. Devo uscire da qui perché non è per niente un posto confortevole. Ci sono tutti questi cazzo di legnetti appuntiti e ogni volta che mi muovo rischio di ferirmi. Non che io abbia paura, certo. Ma nemmeno ho molta scelta. Per uscire devo spostarli, uno ad uno. Ma bisogna fare attenzione, questo ho imparato. Perché se muovo quello sbagliato finisce che ne crollano altri, e poi mi voglio a ricominciare da capo. Allora mi siedo, con molta cautela. Scelgo uno di questi bastardi e me lo studio a fondo. Lo percorro, sfiorandolo con le dita. Mi soffermo nei punti in cui si interseca con gli altri. Cerco di capire, valuto i pro e i contro, rifletto. A volte prendo appunti. Mi sento più tranquilla, quando metto i pensieri nero su bianco. Così poi posso rileggerli, più volte. E vedere se hanno davvero un senso. O se magari ce l'hanno avuto solo in quel momento lì, per poi perderlo più avanti, senza un perché. Mi piacerebbe poter chiamare qualcuno. Qualcuno di cui mi fido, s'intende. E domandargli consiglio. Ma sarebbe inutile. Questi stupidi bastoncini visti da una prospettiva che non sia la mia, appaiono completamente diversi. Non importa, comunque. Perché è probabile che, seppur avessi un'altra opinione, non l'ascolterei.

Questo post è stato originariamente scritto su Swanza blog, da Ade. E' possibile copiarlo parzialmente o interamente e modificarlo, basta che il post originale venga linkato

18 commenti:

  1. direi che hai descritto perfettamente la situazione e mi hai fatto venire in mente il mio continuo pensare... ora cerco di togliermi questi bastoncini che ho sopra ed esco anche io.
    :)

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  2. Ognuno ha i suoi di bastoncini e visti dall'esterno non fanno così paura. Io la vedo la strada che devi percorrere per uscirne senza pungerti. E tu vedi la mia. Ma entrambe non vediamo quella che ci interessa. Bella fregatura.
    Io, a volte, penso di mangiarmeli questi Mikado ché in qualche modo bisogna uscirne.

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  3. basta chiamare il gioco con un altro nome. tipo "prendi su i legnetti a manciate" e vedi che cambia ogni prospettiva
    a volte, eh

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  4. Intanto io non vada pazza per questo gioco; mi sa di noia mortale.
    Poi c'hai ragione.
    I nostri problemi appaiono risolvibili dagli occhi altrui semplicemente perchè gli altri possono solo vedere il problema ma non possono provare l'emozioni e gli stati d'animo ad essi legati, che solo tu puoi provare.
    (Ok, questa è SAGGEZZA, Signori e Signore...)
    Tu se vuoi chiamare qualcuno puoi chiamare me. Tanto non me la prendo se non ascolti i miei consigli :) Io faccio lo stesso con gli altri :-**

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    1. Sei troppo saggia, amata.
      Non capisco cosa ci fai con me XD

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  5. Una volta si chiamavano "i shangai" , sai?
    per me i Mikado so' quelli che si mangiano...
    ecco, tornando in metafora , divorati tutto... ;)

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    1. Certo. Si chiama anche Shangai. Cito wikipedia, eh?

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  6. sai come faccio io?
    aspetto. lascio asciugare i pensieri.
    lascio che quelli ridondanti si perdano, portati dal vento.
    e poi quando ne resta uno soltanto, quello vero..
    gioco a SHANGAO. [cit.]

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    1. Non sono sicura di aver capito la citazione. Ma forse sì. Rido.

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    2. a me l'ha detto RatMan un giorno che pioveva.

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    3. No. Certe volte non ti capisco proprio. :)

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  7. Che sti cazzo di legnetti, basta girarsi, distrarsi un attimo e paf, si spostano. E quando riesci a toglierne uno, che ti sembra di aver risolto un problema, ce ne sono millemila che rimangono lì. E ti fissano.

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Grazie per aver fatto finta di non avere niente di meglio da fare che commentare il mio post... vi lovvo

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