Scegliere è indispensabile, c'è poco da fare.
Nonostante io lo sappia, e anche bene, ancora riesco a rimanerci male quando mi rendo conto di non poter essere tutto ciò che vorrei. O per lo meno, non nell'immediato.
Ho dovuto scegliere tra una carriera da universitaria in ritardo e scrivere.
Ho scelto la seconda, e ne sono felice.
A volte mi perdo di vista, perdo il senso, perdo le cose.
Pulisco, faccio la spesa, organizzo, preparo, cucino.
Voglio la perfezione, voglio che tutto sia in ordine, voglio dimostrare di non perdere niente.
E perdo me.
Allora mi ritrovo, un po' a tentoni, un po' a stento, un po' annoiata perché una mente occupata è una mente che non può riflettere, pensare, domandarsi.
E alla fine non so più bene come si fa.
Mi piace sapere che sto cambiando. Oggi affronto le cose meglio di ieri, oggi va bene.
Per lo più cerco di non pensare al fatto che il mio romanzo, dopo tanta fatica, sia tra le mani di gente che lo sta leggendo, spulciando, valutando. A volte, quando ne parlo, mi blocco perché mi accorgo di essere uscita dai binari. Lui ce la farà, se smetto di crederci, se accetto anche solo la possibilità che ciò non avvenga, ho già perso.
Io odio perdere.
Sto scrivendo un libro complicato, che mi costringe a rimettere in discussione un sacco di credenze, un sacco di convinzioni, un sacco di cose.
Forse non lo finirò nei tempi che mi ero prefissata, ma ho deciso che va bene così.
Non c'è fretta, non deve esserci.
Lui è nel mondo, adesso. L'altro ci arriverà, al mondo, quando sarà maturo per farlo.
Sono una scrittrice, cazzo.
Ogni tanto me lo devo ripetere, perché sono tre parole facili a disperdersi nel vento.
Cazzo no, invece. Cazzo non di disperde mai, per fortuna.
Devo imparare a parlare di me e di quello che faccio.
Ancora non so rispondere alle domande che mi vengono poste.
Che genere è il tuo romanzo?, per esempio, mi mette in crisi.
E di cosa parla?, pure.
Dai, dimmi un po' la trama.
Domani affronterò le cose meglio di oggi.
Saperlo mi rende forte.
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