Stavo pensando di inaugurare una nuova rubrica. E lo faccio. Perché questo è il mio blog e quindi qui comando io. Sono la regina, cazzo. E da che mondo è mondo le regine fanno quello che vogliono. Camminano in verticale, in orizzontale e persino in obliquo, se pare a loro. E possono mangiare i cereali al cioccolato masticando rumorosamente perché hanno ancora il naso completamente tappato grazie alla maledetta influenza che le ha colpite alle spalle e le ha rese impotenti per quasi una settimana, se gira a loro. E possono svegliarsi col broncio, non sapere cosa mettersi, truccarsi per coprire le occhiaie e la pelle biancastra da dopo febbre, decidere di far crescere i capelli, interrogarsi sui perché della vita e inaugurare una nuova rubrica sui loro blog, se ne hanno voglia. Perciò, salutate Regina Ade, sudditi. E toglietevi quelle dita dal naso. O dalle mutande. Che si comincia. Grazie.
Se fossi stata un minimo più scaltra, già a otto anni avrei potuto comprendere quanto le donne possano essere subdole, stronze, manipolatrici e maledettamente troie. Già. La mia prima amicizia femminile risale proprio a quei tempi. Nonostante fossi un maschiaccio, avevo anche due migliori amiche (per dirla come l'avrei detta allora: due amiche del cuore. che tenerezza). Noi si giocava sempre insieme, ci si raccontava i segreti e si andava d'amore e d'accordo. Fino a quando una terza bambina, volendo inserirsi nel gruppo, ha cominciato a tenere le redini di quel rapporto. Parlava male a me di una, a lei dell'altra e all'altra di me. In poche parole, subdola, stronza e manipolatrice. Troia no, dai. A otto anni forse è eccessivo.
Ma allora, ingenua io, non capii.
La vita, però. Aveva deciso di darmi una seconda opportunità per comprendere il contorto animo femminile. E lo fece quando avevo circa dodici anni. Facevo parte di un gruppetto di ragazze che aveva a capo una tizia un po' più grande. Una che, ve lo giuro. Se la incontrassi adesso io credo che la prenderei a schiaffi. Ma probabilmente non ce la farei perché lei, dopo aver appoggiato in terra la borsa con dentro il Chiwawa, griderebbe aiuto con quella sua vocina da AvròPerSempreCinqueAnni e io scoppierei a riderle in faccia e userei le mani per tenermi la pancia. Insomma. Lei aveva già le tette, al contrario di noi. Ed era ben intenzionata ad utilizzarle. Perciò ci portava a turno a casa sua, ci diceva cose tipo "sai, tu sei la mia preferita", ci truccava, ci prestava vestiti da zoccola e la Domenica, dopo averci dato sigarette al mentolo, ci portava a ballare in una discoteca piena di gente poco raccomandabile. Insomma. Un giorno mi squilla il telefono e sento la sua ridicola vocina che mi domanda come mai quella Domenica non fossi andata con loro. Le rispondo che ero impegnata coi miei e lei mi dice "beh, non ti preoccupare. sai il ragazzo che ti piace? ce lo siamo fatte tutte, a turno. ti saluto.". Dopo quella telefonata dentro di me qualcosa è cambiato. Ho capito che sapevo arrabbiarmi. Ho capito che potevo perdere la testa. Ho capito che potevo fare paura. E l'ho capito a spese della poverina. Che, il giorno dopo, è sbiancata vedendomi buttare in terra le mie cose e cominciare a correre verso di lei. Un'unica cosa mi dispiace, di quel giorno. Che il volontario dell'oratorio sia riuscito a prendermi prima.
Ma, ahimè, anche lì, non capii. Non del tutto, almeno.
Comunque la vita ci teneva particolarmente che io capissi. E decise di darmi una terza possibilità. Avevo tredici anni e mi ero appena trasferita nel Bronx. Ancora non sapevo niente di quel posto. Venivo da una zona "bene" e mai più avrei creduto che tutto potesse essere così diverso. Speravo di fare amicizia e mi comportavo esattamente come pensavo di dovermi comportare. Sorridevo, chiacchieravo e quelle cose lì. Ma le ragazze mi guardavano male. Erano diffidenti. Si avvicinavano annusandomi e scrutandomi da cima a fondo. Alcune venivano da me e mi dicevano di stare attenta a quello che facevo. E io, che ancora mettevo la gonna con le scarpe da ginnastica, non capivo cosa cazzo pensavano che volessi fare. Alla fine alcune cominciarono a farsi avanti. Si facevano invitare a casa mia, mi dicevano che eravamo amiche, mi invitavano a ballare, aprivano il mio armadio, mi chiedevano qualcosa in prestito e puntualmente non me lo ridavano più. Quando ho visto il mio walkmann nella macchina del marito della sorella di qualcuno e i miei jeans preferiti addosso a quella grossa e senza un dente ho capito che dovevo rassegnarmi. Non li avrei rivisti mai più.
E lì, finalmente, ho cominciato a capire qualcosa.
La vita, però, non era pienamente soddisfatta di me. E decise che voleva darmi la botta finale. Così, durante la mia seconda prima superiore, mi convinse del tutto che no. Delle donne non ci si poteva davvero fidare. Io ero una ripetente ma venivo da una classe particolarmente famosa, in quella scuola. Tutti sapevano chi ero. Tutti sapevano cosa avevo fatto. E tutti mi amavano per questo. Era una fottuta pacchia, insomma. Ero legata più o meno a tutti ma il mio gruppo principale era formato da quattro o cinque ragazzi con cui cazzeggiavo tutto il giorno. Circa a metà anno una tizia che si spacciava per mia grande amica decise che era stufa di essere la numero due. Perché con me parlavano, uscivano e mi rispettavano e invece a lei davano pacche sul culo e facevano battute a sfondo sessuale? Così, accecata dalla sua invidia, cominciò a parlarmi alle spalle nel tentativo di mettermi contro più gente possibile. Risultato? Si prese quasi le botte (anche qui riuscirono a fermarmi, santa pazienza.) e io finalmente capii appieno che le donne non facevano per me.
Nonostante questo la vita non ha mai smesso di mettermi alla prova. Ma la differenza è che, adesso. A me non me ne frega un cazzo.
Sono sicura, comunque. Che non siamo tutte uguali. Io non ho mai invidiato un'altra donna. Non ho mai pensato "voglio il suo uomo". Non sono mai stata amica di qualcuna solo per arrivare ad uno scopo finale. Non ho mai insultato gratuitamente una donna solo perché ne ero gelosa. Eppure. Eppure troppe donne sono così. Forse sono loro che hanno capito tutto. Forse sono solo delle teste di cazzo. La mia conclusione è che l'amicizia tra donna può essere bellissima. Ma, a parte in due o tre casi, io comunque non ci conterei troppo. E continuerei a guardarmi le spalle.
Parola di Ade.
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