Non sono estroversa ed espansiva, non parlo di me con cani e porci, tendo ad osservare la gente a lungo prima di aprirmi - e spesso non lo faccio - , sono molto, molto selettiva, non mi interessa avere una lunga lista di finte amicizie solo per avere qualcuno da chiamare quando mi annoio, non mi piacciono le persone superficiali - ma non per questo non mi piace divertirmi - , non amo essere al centro dell'attenzione, non sono l'anima della festa, spesso preferisco ascoltare piuttosto che parlare - quello lo faccio solo se ho davvero qualcosa da dire, che questa sia o meno in accordo con chi tiene le redini del discorso - , non muto la mia opinione per compiacere il prossimo, non m'interessano gli stupidi, non sopporto chi non ascolta, non guardo la televisione - nemmeno ce l'ho - , non seguo le mode, mi tedia girare per locali a spendere tre volte tanto il giusto prezzo per una birra solo perché "figa hai trent'anni cazzo fai stai a casa il sabato sera", tendo a non fidarmi della gente, odio lamentarmi e chi si lamenta, per questo non parlo quasi mai dei miei problemi e mi tengo tutto dentro finché non esplode in un fragoroso boom che mi sfrangia gli organi interni, disprezzo i presuntuosi, non tollero i maleducati e chi mi manca di rispetto, ho molta pazienza, ma se la perdo non la recupero più, difficilmente perdono chi si prende gioco della mia fiducia, ho poca autostima e tendo a svalutarmi, per questo non sono per niente brava a "vendermi", non so fingere e fatico a mentire, infatti se mi stai sul cazzo magari non te lo dico ma, fidati, me lo leggi in faccia, detesto l'ignoranza, detesto ignorare, faccio presto a sentirmi piccola, a volte sono arrogante, non mi piace essere criticata, ma rifletto sempre su ogni critica che ricevo, sono competitiva e non so perdere, a volte mi arrabbio per delle minchiate, ma non smetto mai di lavorare su me stessa. Amo leggere, scrivere, i miei gatti, gli animali tutti, le patate, la musica, cantare, la natura, il silenzio, me stessa.
Sono stata timida, poi spaccona, poi timida e ora non lo so che cosa diavolo sono e, francamente, nemmeno m'interessa.
Mi sento sola. A volte sto così male che, davvero, vorrei prendere il telefono e chiamare una mia amica solo per sfogare quel dolore che mi emigra dentro, ma non lo faccio. Lei è troppo impegnata, lei è appena diventata mamma, lei è lontana ed è troppo tempo che non parliamo più, lei ha già i suoi problemi. Allora apro un libro e leggo, talvolta scrivo, ma è ormai da tempo che non sono più così brava a lamentarmi con le pagine bianche. Scorro i social degli altri e vedo gruppi di amici sorridenti che stanno insieme, si divertono, si taggano, vanno in posti. Poi guardo la mia e ci trovo citazioni dei libri che mi piacciono.
Mi chiedo se forse, davvero, non sono sbagliata io.
Sono una ragazza problematica, han detto. Ed io so che l'hanno detto perché, semplicemente, non sono riusciti a scalfirmi. Oggi ho trent'anni e posso dire di essermi fatta da sola. La mia famiglia è quello che è e, vaffanculo, non intendo lasciarmi giudicare per questo. Sfido qualsiasi stronzo snob e paraculo come voialtri che avete sempre il giudizio pronto a farvi un solo anno dell'adolescenza che mi sono fatta io e vedere come cazzo ne venite fuori. Io, che possa strozzarmi con la saliva in questo preciso istante se dico stronzate, ho duecoglionicosì. E sì, va bene, ho lasciato la scuola a quindici anni e a venticinque mi sono rimessa in gioco, mi sono iscritta a corsi serali comunali, ho dato due esami da privatista studiando due anni di programma in uno e lavorando nel frattempo, mi sono fatta la quinta statale, dove la metà dei professori che avrebbero dovuto formarmi vedeva noialtri disadattati del serale come dei poveracci ignoranti sottolamedia e nessuno, nessuno mai, durante questo percorso, si è reso conto di quanto coraggioso e importante fosse quello che stavo facendo. Quando ho comunicato il mio 93/100, mia madre mi ha detto "brava, finalmente hai finito, adesso posso chiederti un favore?" e mio padre "sapevo che ce l'avresti fatta". Notare, che qualche anno prima mi aveva detto "a cosa ti serve iscriverti a scuola, impegnati piuttosto nel lavoro che fai", contribuendo a ritardare di altri tre anni la mia decisione, perché ero solo una povera stupida che faceva sempre, sempre quello che gli altri si aspettavano che facessi. E no, va bene, non ho fatto l'Università. E forse non sono la fidanzata bionda, estroversa, di buona famiglia, laureata con lode che avresti voluto per tuo figlio. Però sono intelligente, sveglia, onesta, buona e so fare un mucchio di cose. E va bene, magari non parlo molto, magari non do fiato alle trombe solo per dimostrare che ho le tette più grosse delle tue, magari non sono così brava a fingere - qualità oggi ritenuta indispensabile - , però sono forte e mi sono tirata fuori dalle situazioni più di merda che tu, povera bigotta ipocrita del cazzo, non sei nemmeno in grado di immaginare. È facile parlare quando si hanno avute tutte le possibilità, difficile comprendere che possono esserci difficoltà diverse, che una ragazza può essere stata costretta a fare le scelte che ha fatto, perché a quindici anni io ero già grande, dovevo esserlo, non avevo altra scelta. Certo, tutte queste cose tu, voi, non le sapete perché io non ve le ho dette. Ma, come accennavo poco fa, io a vendermi non sono per niente brava.
È facile giudicare al primo colpo d'occhio perché a guardare - guardare veramente - ci vuole tanta, troppa fatica.
Meglio giocare con lo smartphone, no?
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